Fincantieri blocca l’integrativo
Da oggi cessa il contratto integrativo siglato nel 2009, valido fino al 2012 e prorogato per altri 27 mesi, in attesa della presentazione delle piattaforme sindacali. Fincantieri, dunque, ha proceduto nella sua decisione, comunicata nei giorni scorsi, annullando di fatto gli effetti di quel contratto prima della chiusura del negoziato in ordine al nuovo accordo aziendale.
Il tutto, a pochi giorni dall’incontro nazionale tra l’azienda e i sindacati, in programma a Roma il 13 aprile. Con la cessazione del contratto integrativo del 2009, decade una serie di istituti normativi, ma anche retributivi, tra cui i premi variabili, definiti in quell’accordo. Per i lavoratori, come hanno sottolineato le Rsu Fiom di stabilimento, si tratta di almeno 70 euro in meno in media nella busta paga mensile.
Una situazione, dunque, piuttosto pesante e delicata, per la quale peraltro all’interno delle Organizzazioni sindacali, a fronte della presenza di due piattaforme, l’una della Fiom, l’altra della Fim e Uim, sono emerse divisioni anche a proposito del coinvolgimento dei lavoratori tramite referendum sull’esito della trattativa. Il tutto, dopo il primo sciopero, avvenuto venerdì in modo unitario, indetto da Fim, Fiom, Uilm e Ugl.
Intanto, l’azienda, attraverso una nota della direzione, ha voluto rimarcare le ragioni della cessazione («non la disdetta») degli effetti del contratto integrativo: «Le organizzazioni sindacali hanno presentato le proprie piattaforme oltre i termini previsti dal contratto collettivo nazionale per i lavoratori metalmeccanici. Ciò dimostra l’assenza di un reale interesse al rinnovo di un’intesa prorogata ormai da 27 mesi e, soprattutto, l’atteggiamento preconcetto e di chiusura, con qualche distinguo tra le diverse organizzazioni, manifestato nei 12 incontri avuti dal dicembre scorso a oggi».
L’azienda ha quindi voluto riaffermare la disponibilità ad affrontare il percorso negoziale con i sindacati, «finalizzato al raggiungimento di un’intesa comune. Questo - ha aggiunto - nonostante negli ultimi tempi siano invalsi comportamenti improntati più a campagne mediatiche strumentali che a tenere in debito conto le evoluzioni di un grande gruppo industriale. Fincantieri è un’azienda quotata, perché circa il 30% del suo capitale è in mano ai privati, e il restante 70% non è posseduto direttamente dallo Stato. Se si continua a ignorare questo aspetto, non si fa che scavare ulteriormente l’abisso culturale in cui è precipitato il Paese, ormai pressoché deindustrializzato».
La direzione aziendale «confida in un’assunzione di responsabilità, dal momento che continua a operare in un contesto internazionale che richiede continui interventi volti al recupero di competitività, qualità, efficienza e al contenimento dei costi». E ribadisce: «L’azienda rimane disponibile, anche con ulteriori incontri oltre a quelli già calendarizzati, al fine di raggiungiere un’intesa che, aiutando a creare i presupposti necessari per ottenere nuove acquisizioni, determinerebbe ricadute positive pluriennali per i cantieri del Gruppo».
Intanto, dalla Fiom è giunto ieri il rilancio: «Quella effettuata dall’azienda - hanno affermato le Rsu di stabilimento - è una provocazione che non intendiamo accettare. L’integrativo era ultra-attivato da tre anni e tutte le sigle sindacali avevano chiesto lo fosse ancora durante tutto il periodo della trattativa sul nuovo contratto aziendale. Anche se, va sottolineato, a Monfalcone i lavoratori non hanno percepito durante l’ultimo anno tre premi di programma che erano perfettamente pagabili, a nostro giudizio».
La Rsu Fiom Cgil, ieri, ha richiesto formalmente, con una nota all’azienda, l’erogazione «di tutte le mensilità che spettano ai lavoratori, secondo quanto affermato più volte dall’ad Bono».
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