Fidanzati uccisi a Pordenone, la Cassazione conferma l'ergastolo per Ruotolo

La suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dallì'ex militare che spezzò le vite di Teresa Costanza e Trifone Ragone la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello sport
Teresa Costanza e Trifone Ragone uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello sport
Teresa Costanza e Trifone Ragone uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello sport

È stata confermata dalla Cassazione la condanna all'ergastolo per Giosuè Ruotolo, l'ex militare campano che aspirava ad entrare nella Guardia di Finanza, accusato di aver ucciso a Pordenone, per motivi di rabbia e gelosia, la coppia di fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del Palazzetto dello sport.

Tutti trentenni le vittime e il carnefice di questo drammatico fatto di cronaca che ha spezzato tre giovani vite, due perdute per sempre - quelle di Teresa e Trifone, molto sportivi, bellissimi e innamorati - e quella dell'omicida che ora ha davanti solo lunghi anni di carcere.

Sullo sfondo un movente che rende ancora più insopportabile questo crimine: Ruotolo, ex coinquilino di Ragone, aveva molestato la coppia su Facebook e aveva paura che questa fosse una macchia alle sue aspirazioni di entrare in Gdf. Così avrebbe organizzato l' 'eliminazionè di Trifone e Teresa.

«La decisione della Cassazione non ci stupisce: da subito è apparso chiaro che il ricorso era incentrato sul merito e non su motivi di legittimità, e anche il Procuratore generale ha chiesto che non fosse accolto», ha commentato a caldo il pool di avvocati di parte civile che assiste i parenti delle vittime. In particolare, gli 'ermellinì hanno dichiarato inammissibile il ricorso della difesa di Ruotolo - con il professor Franco Coppi che ha tentato il tutto per tutto per annullare la condanna in questo processo indiziario - contro la sentenza emessa dalla Corte di Assise di Appello di Trieste, il primo marzo 2019.

Il verdetto aveva convalidato quello di primo grado della Corte di Assise di Udine, dell'8 novembre 2015 che aveva inflitto il carcere a vita. Trifone Ragone, militare, originario di Adelfia (Bari), 28 anni, e Teresa Costanza, 30 anni, assicuratrice milanese di origini siciliane, laureata alla Bocconi, furono uccisi nel parcheggio del Palazzetto dello Sport di Pordenone da Giosuè Ruotolo, originario di Somma Vesuviana (Napoli) - ventottenne quando commise il doppio crimine - che sparò sette colpi di pistola da molto vicino colpendo prima Trifone mentre saliva in macchina lato passeggero e poi la sua compagna. In primo grado il pm Pier Umberto Vallerin aveva sottolineato che Ruotolo, unico imputato, aveva «commesso gli omicidi per salvare la sua carriera» e che «l'odio verso Trifone e la gelosia verso Teresa lo avevano assalito già da tempo. Togliendoli di mezzo sparivano due rivali, due minacce viventi, due persone verso cui covava odio già da tempo».

Ad avviso di quanto stabilito in appello, non si trattò di un delitto «di 'impulsò» ma venne «'premeditatò, accuratamente studiato nei dettagli» probabilmente dettato da una «rabbia di Ruotolo verso Ragone» che si «trasmutava in odio e in vera e propria sete di vendetta». Secondo i giudici di merito, Ruotolo si è dotato di un «alibi falso» e «si è reso responsabile di tutta una serie di 'bugiè e di 'reticenzè che rappresentano, complessivamente considerate, un ulteriore, certo, grave indizio a suo carico». Nell'ambito di questa vicenda, con giudizio separato, è stata condannata su patteggiamento a 10 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per false informazioni ai pm e favoreggiamento nei confronti di Ruotolo, anche Maria Rosaria Patrone, 28 anni, di Somma Vesuviana (Napoli), ex fidanzata e compaesana dell'imputato.

La ragazza nel corso dell'inchiesta aveva sollecitato alcune amiche affinchè tacessero a proposito del falso profilo creato su Facebook dal compagno per mettere in crisi il rapporto tra Trifone e Teresa. Profilo che gli inquirenti hanno ipotizzato come il «fulcro del movente» del delitto. Le ipotesi di favoreggiamento erano legate anche alla cancellazione di alcuni messaggi scambiati con Ruotolo. L'accusa di false informazioni risale a quando la Patrone - oggi avvocatessa - fu sentita dai Carabinieri di Pordenone e affermò che tra Trifone e Giosuè non c'era mai stato alcun attrito. (

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