Fiato sospeso, dubbi e allarme discriminazioni: l’effetto Brexit raccontato dai triestini a Londra

Viaggio all’interno della comunità che vive Oltremanica. Per molti giovani «il divorzio dall’Unione Europea è come il tradimento di un amico» 
Il raduno dei triestini a Londra
Il raduno dei triestini a Londra

TRIESTE Dubbi, incertezze e un po’ di preoccupazione. Così i tanti triestini che vivono a Londra affrontano l’effetto Brexit, dopo l’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea ratificata il 31 gennaio. Il divorzio ufficiale comunque ci sarà a dicembre e in quel momento, o meglio nei mesi precedenti, tutto sarà più chiaro. Per ora prevale l’indeterminatezza.

L'effetto Brexit raccontato da un triestino a Londra

«A Londra vivono quasi 700 mila italiani e molti si chiedono cosa accadrà. Finora Brexit ha solo diviso la nazione – commenta Pierpaolo Bastiani, triestino, direttore di eventi, da oltre 25 anni in UK – e c’è grande confusione. Ci saranno undici mesi di negoziazioni, poi il 31 dicembre sarà la data dei cambiamenti previsti. Probabilmente importanti. Per ora, per chi risiede qui, nulla si modifica radicalmente, e nemmeno per chi arriva in cerca di lavoro o per motivo di studio. Certo il clima è già diverso e sarà fondamentale – sottolinea – tenere d’occhio gli accordi che saranno avviati nei prossimi mesi e che determineranno le procedure future per gli immigrati europei. Quello che si può dire è che di sicuro dopo il 2020 sarà più difficile venire in Inghilterra a lavorare come si faceva prima».

Effetto Brexit e salari in crescita: aumentano i migranti di ritorno nei Balcani
Operai al lavoro


Intanto il cuore della metropoli il 31 gennaio, alla sera, si è vestito a festa, le luci con i colori della bandiera inglese proiettati sui palazzi, vessilli ovunque e via i drappi dedicati all’Ue. «C’è anche la preoccupazione per le notizie di discriminazioni - spiega Bruno Cernecca, imprenditore triestino, da oltre 20 anni a Londra - come riportato spesso dalla stampa. Le difficoltà restano sia nella relazioni umane sia nel business: spero proprio che il tutto si stabilizzi al più presto». Ma i timori sono trasversali, in diversi settori professionali, e investono tanto chi è arrivato di recente quanto vive lì da molto tempo.

Vale oltre 723 milioni l’effetto Brexit sul “made in Fvg”. Rischi per il mobile
epa07287174 Anti-Brexit protesters demonstrate outside the houses of parliament in London, Britain, 15 January 2019. Parliamentarians are voting on the postponed Brexit EU Withdrawal Agreement, commonly known as The Meaningful Vote, deciding on Britain's future relationship with the European Union. EPA/NEIL HALL

«Per chi come me è qua da più di 5 anni – commenta Andrea Cosani, triestino, al lavoro in banca - e quindi ha la residenza permanente, non dovrebbe essere un problema. Dico “dovrebbe” perché c'è sempre il rischio che magari gli accordi con l’Italia non vadano bene e che inizino a chiedere dal prossimo anno anche a noi visto e permesso di soggiorno. Vedremo. Di sicuro l'idea di tornare in Italia non mi passa nemmeno per la testa. Immagino che tanti la pensino così». «Ci voleva una decisione in una direzione o nell’altra - dice Max della Torre e Tasso, che si occupa di una società di comunicazione sportiva -. Questi tre anni di incertezza sono stati negativi per l’Inghilterra, con tantissimi investimenti fermi. Ora si va avanti. La gente si era stufata dello stallo. Gli inglesi sono un popolo determinato, e penso che prima di tutto abbiano fatto prevalere la democrazia rispettando il referendum. Uk e Ue hanno bisogno l’uno dell’altra e sono sicuro che troveranno accordi per il bene reciproco».

Brexit, Fermeglia: «Mobilità studentesca impatto devastante»
Maurizio Fermeglia

«Incubo finito o incubo iniziato? - si domanda Mark Zudini, architetto triestino, a Londra dal 1996 -. Da un lato finito perché da tempo la questione ha tenuto in sospeso tutti, dall’altro è iniziato, perché nessuno ha mai spiegato le ripercussioni possibili. Non era chiaro prima, lo è ancora meno ora. Parlando con molti coetanei c’è tristezza per tutto quello che è successo. Ue significa una sorta di abbraccio politico con tutti gli altri ‘fratelli’ europei. Brexit è come una sorta di tradimento da parte di un amico. Quando sono arrivato nel ‘96, Blair era primo ministro e ha aperto le porte all’Europa. Migliaia di giovani sono venuti qui come me, e subito ci siamo resi conto che questa possibilità di scambio rappresentava il futuro. Ora le porte sono state chiuse di colpo, sembra quasi irreale. Ci sono “troppi” europei che vivono a Londra come me da tanti anni e che hanno attività che dipendono dallo scambio con il continente. Come dicono qui “business as usual”, la vita continua. Ora bisogna guardare avanti e la prossima volta ci sarà un referendum, sono sicuro che la gente avrà le idee più chiare». —


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo