Feticcio appeso vicino l’Isonzo. Scatta l’indagine dei carabinieri

Il ritrovamento nel bosco tra Villesse e Gradisca è stato segnalato dai residenti Il manufatto inquietante, con occhi e bocca cucite, rimosso dai militari dell’Arma 

GRADISCA Un volto verosimilmente di donna, di colore nero. A contornarlo dei lunghi capelli, così lunghi da sembrare veri. Gli occhi e la bocca sigillati, come fossero cuciti. Sono queste le fattezze di un inquietante feticcio apparso nei giorni scorsi nelle aree fluviali a cavallo fra i comuni di Villesse e Gradisca. Ad accorgersene sono stati alcuni residenti di Villesse, nel corso di una delle loro quotidiane passeggiate nella zona vicino all’Isonzo.

La strana “bambola”, priva del tronco, era appesa a un arbusto e tutto sommato in bella in vista. Tanto da avere colto di sorpresa e creato un certo disagio a chi vi si è imbattuto. Immediatamente i cittadini si sono rivolti ai Carabinieri della stazione di Villesse, fornendo loro le stesse immagini che vi proponiamo. E riferendo anche altri particolari sulla frequentazione della zona. I militari si sono fatti condurre nella zona per un sopralluogo e nel frattempo hanno provveduto a rimuovere la misteriosa effigie per ulteriori valutazioni. Non è ancora del tutto chiaro al momento se possa trattarsi di una goliardata di cattivo gusto o di qualcosa di più serio.

Le aree fluviali del Gradiscano come noto sono frequentate anche da numerosi ospiti del vicino centro di accoglienza per richiedenti asilo di Gradisca, ma – va detto – essi sono per larga parte di origine asiatica, mentre l’utilizzo di bambole e feticci a scopi rituali – religiosi o magici – appartiene soprattutto alle società tribali di origine africana, un utilizzo approdato poi anche oltreoceano e tuttora vivo in alcune culture. Dunque ogni collegamento del disturbante oggetto con la presenza dei migranti ospitati a Gradisca è assolutamente tutto da dimostrare. Rimane però il mistero sull’origine e la natura di un simile manufatto. E sulle intenzioni di chi lo ha portato nella boscaglia villessina.

Se di bravata si tratta è anche vero che i particolari sul volto del feticcio comunque comunicano qualcosa e non sono stati sottovalutati. La sigillatura di occhi e bocca lascia ipotizzare che potrebbe trattarsi della rudimentale imitazione di una tsantsa, le teste umane utilizzate a scopo tropaico o rituale da alcune popolazioni dell’Amazzonia. Naturalmente i carabinieri hanno subito escluso l’origine umana dell’oggetto rinvenuto a Villesse. In fondo copie di tsantsa sono facilmente reperibili anche su qualsiasi sito commerciale online. Ma si tratta anche di escludere che non vi sia chi, per gioco o per reale convinzione, non le abbia utilizzate per qualche sconosciuto rituale. Le tsantsa, o teste rimpicciolite, facevano parte di solenni cerimonie che duravano anni, e servivano a catturare lo straordinario potere dell’anima della vittima di un combattimento. A volte addirittura sono prive di bocca, perché la voce dell’essere umano non può intromettersi nell’azione sacra, né deve rivelare l’identità della persona che ormai è diventata tutt’uno con lo spirito della divinità. Proprio per questa ragione, al fine di trattenerne l’anima, secondo queste credenze ne venivano cuciti la bocca e gli occhi. Proprio come la “bambola” del mistero rinvenuta a Villesse. —

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