Festa del 12 giugno, scontro Fiume-Trieste. I croati: «Vergogna». Il vicesindaco Polidori: «È storia»
Tensione bis dopo le recenti scintille sulla statua dedicata a D’Annunzio. Ma il Comune assicura: «Nessun intento d’odio»
TRIESTE La neonata festa del 12 giugno si avvicina ed è fuoco sulle polveri della polemica politica fra Fiume e Trieste, dopo l’esplosione durante l’affaire D’Annunzio, l’anno scorso.
Da un lato il sindaco uscente di Fiume Vojko Obersnel, candidato alle parlamentari di luglio, tuona contro il collega triestino Roberto Dipiazza, accusandolo di «non conoscere la storia». Definisce «vergognosa e antistorica» la delibera sul 12 giugno, ricordando che «i partigiani jugoslavi liberarono Trieste dai nazisti». Da palazzo Cheba risponde il vicesindaco Paolo Polidori, tra gli autori del testo, spiegando che «non c’è intento d’odio, è la chiusura di un percorso sulla fine della Seconda guerra mondiale a Trieste».
«Per noi finisce il 12 giugno, perché i quaranta giorni di occupazione titina furono forieri di tremendi lutti. Migliaia di triestini possono testimoniarlo. Mio padre era un impiegato civile della Decima Mas, non aveva fatto la guerra, eppure dovette nascondersi in un mucchio di carbone quando vennero a cercarlo». Uno scambio al fulmicotone, quello fra il sindaco fiumano e il vicesindaco triestino, insomma.
Partiamo dall’attacco di Obersnel. Dieci giorni dopo l’approvazione della delibera sulla “Giornata di liberazione della città di Trieste dall’occupazione jugoslava”, sindaco socialdemocratico fiumano punta diretto sul collega Dipiazza. Obersnel, alla fine di un incarico ventennale e pronto alle parlamentari del 5 luglio, firma un comunicato di protesta contro la delibera: «Ho dovuto reagire – scrive – perché è infamante dire che i partigiani jugoslavi occuparono Trieste nel maggio del 1945, mentre invece liberarono la città dai nazisti. È evidente che per il sindaco Dipiazza la storia non è una maestra di vita, bensì un terreno di manipolazioni e scontri, dove le tensioni avrebbero dovuto essere superate da tempo e invece non è cosi». Il primo cittadino fiumano si chiede e chiede, in riferimento al 12 giugno, cosa sia allora il 25 aprile per gli italiani. «Se quella è la data della Liberazione, cosa si festeggia il 12 giugno? E la liberazione di Trieste dai nazisti, il 2 maggio, diventerà a Trieste la data della sconfitta e del lutto?». Obersnel rivendica il ripiego jugoslavo dopo gli accordi di Belgrado e ricorda la Risiera: «Quella struttura non era un posto bello né idilliaco, e fu liberato da quei cattivi occupatori che erano i partigiani jugoslavi». Poi una bordata al collega: «Dipiazza, con il suo modo di intendere la storia, avrebbe all’epoca probabilmente osservato in modo silenzioso come i suoi concittadini, contrari al regime nazista, venivano internati nei campi di sterminio tedeschi. Voglio rammentargli che la città tornò a essere libera nel 1945 grazie al sacrificio di numerosi antifascisti, tra cui tanti italiani. L’esercito jugoslavo faceva parte e agiva in coordinamento con le forze alleate». Conclude Obersnel: «Cosa ci si può attendere da chi ha posto una statua a D’Annunzio nell’anniversario dell’occupazione di Fiume? Non conosce la storia». A proposito di storia, il sindaco Obersnel non fa alcun cenno alle violenze delle truppe jugoslave nel ’45.
Il vicesindaco triestino Polidori ribatte: «A me spiace che il sindaco di Fiume possa presumere che ci siano mire diverse da quelle che abbiamo ripetuto all’infinito. È la vera fine della guerra a Trieste». Dopodiché Polidori risponde alle considerazioni di Obernsel: «Resta un dato di fatto oggettivo che i 40 giorni di occupazione titina furono devastanti per la città. Non solo per tutti coloro che indossavano una divisa o da italiani potevano dare fastidio a Tito, ma anche agli stessi comunisti che non erano favorevoli alla soluzione dell’annessione alla Jugoslavia. Quindi metterei da parte l’aspetto politico. L’aspetto etnico è stato uno dei parametri per quel che Tito ha fatto nelle zone costiere dell’Istria a maggioranza italiana». Prosegue ancora Polidori: «È falso che gli jugoslavi abbiano liberato la città dai nazisti. I tedeschi erano già asserragliati fra San Giusto, il tribunale e il porto, e attendevano l’arrivo dei neozelandesi per arrendersi. Questi ultimi sono arrivati in ritardo nella “corsa per Trieste” non ultimo perché lungo la strada i comunisti li rallentarono con la scusa dei festeggiamenti, come successe a Monfalcone».
Il vicesindaco conclude con una vicenda famigliare avvenuta in quei giorni: «Ognuno ha le sue storie. Mio padre in quegli anni non aveva fatto la guerra, ma aveva fatto un servizio civile per la Decima Mas. Durante l’occupazione i titini vennero a bussare alla porta di casa. Mia nonna andò ad aprire dopo averlo nascosto in un cumulo di carbone. Questi entrarono, controllarono anche con il bastone ma non lo trovarono. Se non fosse andata così, sarebbe scomparso come altre migliaia di persone. Testimonianze come questa il sindaco Obersnel ne potrà trovare a decine di migliaia a Trieste». —
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