Ferriera, sindacati contro Dipiazza dopo l’aut aut di Arvedi
TRIESTE Lo stop all’attività della Ferriera minacciato giovedì da Giovanni Arvedi, in risposta ad un clima giudicato ormai insopportabilmente ostile? Musica per le orecchie del sindaco, hanno pensato subito in molti, visto che da mesi Roberto Dipiazza porta avanti la sua battaglia per centrare l’obiettivo della chiusura dell’area a caldo. E invece no. Tutto il contrario. Anzichè festeggiare la vicina uscita di scena del “nemico” Arvedi, presentandola come una vittoria della linea dura dell’amministrazione, il primo cittadino è andato su tutte le furie, arrivando a definire l’uscita del Cavaliere «un ricatto alla città». Ricatto, ha fatto capire Dipiazza, che il Comune non intende accettare. Anche se, accettarlo, significherebbe appunto raggiungere l’atteso risultato e mettere la parola fine alla vicenda Ferriera.
Una reazione inattesa e imprevedibile, insomma, quella del sindaco. Paradossale, in un certo senso. Lo stesso aggettivo usato ieri anche dai vertici di Cgil, Cisl e Uil, entrati ieri pesantemente in campo per scongiurare l’addio del Cavaliere, ribadire la serietà del lavoro fatto negli ultimi due anni da Siderurgica Triestina, e denunciare le incongruenze dell’amministrazione comunale. «Siamo di fronte a un paradosso - è stato l’affondo di Michele Piga della Cgil, Umberto Brusciano della Cisl e e Claudio Cinti della Uil -: da un lato ci sono i dati dell’Arpa che parlano chiaro, certificando come le emissioni siano sotto i valori di legge; dall’altro c’è il sindaco che si richiama a numeri di tutt’altra natura e di cui vorremmo avere conto».
Perchè su questo punto, attaccano i rappresentanti dei lavoratori, il Municipio non ha certo brillato per trasparenza. «Non vorremmo che gli sforzi fatti con l’Accordo di programma in atto, le prescrizioni dinamiche dell’Aia e la dichiarazione, faticosamente ottenuta, di Trieste come area di crisi industriale complessa, venissero vanificati con un colpo di spugna per effetto di azioni del Comune, che hanno più il sapore di uno scontro politico istituzionale, che di vero perseguimento del benessere della cittadinanza.
Perché la chiusura dell’area a caldo della Ferriera, e di conseguenza come più volte detto di tutto il sito industriale, non può essere un obiettivo a prescindere dalla migliorata realtà ambientale certificata dagli organi competenti. Ambiente, salute e lavoro - concludono Piga, Brusciano e Cinti - sono i valori sui quali come organizzazioni sindacali ci siamo ispirati, e non solo per la Ferriera. Non accettiamo strumentalizzazioni politico-istituzionali mascherate. Chiudere la Ferriera significherebbe compromettere in via definitiva lo sviluppo del territorio, che passa necessariamente attraverso l’industria. Già oggi contiamo circa 8 mila disoccupati, ai quali non vorremmo aggiungere anche i 600 di Servola, senza contare l’indotto».
Un affondo ad alzo zero, dunque, in linea con quello sferrato anche dai vertici Pd. «Il rischio di perdere centinaia di posti di lavoro a Trieste è frutto del modo superficiale e irresponsabile con cui Dipiazza ha trattato il tema della Ferriera e si è rapporto con la proprietà e la Regione - tuonano Adele Pino e Antonella Gri, rispettivamente segretario provinciale e regionale del partito -. Dipiazza esca dalla campagna elettorale, la smetta di fare guerra alla Regione e si comporti da sindaco, mediando e individuando soluzioni equilibrate per il bene della città tutta. La perdita di centinaia di posti di lavoro è un rischio che non possiamo permetterci».
Un rischio a cui Dipiazza, nello sfogo di ieri, non ha fatto alcun riferimento, limitandosi a ricordare che «il Comune sta facendo solo quello che deve fare per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori, vigilando sul rispetto da parte dell’azienda delle prescrizioni imposte dall'accordo di programma e dall'Aia, nell’interesse della salute dei servolani. Mi spiace che Arvedi interpreti questo come un clima ostile, ma le sue parole si possono interpretare solo come un ricatto alla città». Interpretazione sposata anche dal M5S. «Sembra che Arvedi si sia detto pronto a lasciare Trieste a causa di un clima (politico?) ostile - commenta il consigliere comunale Paolo Menis -. Ogni impresa agisce (o almeno dovrebbe) nell'ambito delle leggi vigenti. In questo caso ci sono due Accordi di programma che vanno rispettati. Se le istituzioni agiscono per verificare il rispetto di quegli accordi, non significa creare un clima ostile».
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