Ferriera, lavoratori pronti a scendere in piazza
Sale la tensione nello stabilimento di Servola, i dipendenti si sentono soli. Proclamato lo stato di agitazione, decisivo l’incontro di lunedì con il sindaco
TRIESTE.
Stanno per tornare in piazza i lavoratori della Ferriera «stanchi del comportamento imbelle - hanno accusato - di tutte le amministrazioni locali». La tensione all’interno dello stabilimento è salita ai livelli di guardia e ieri un’animata assemblea affollata da centocinquanta dipendenti ha proclamato lo stato di agitazione con un solo voto contrario. La protesta clamorosa potrà essere evitata soltanto se indicazioni positive e concrete emergeranno nell’incontro programmato per le 14 di lunedì prossimo con il sindaco Roberto Dipiazza all’interno del Tavolo sulla Ferriera coordinato dal Comune. «A patto che il sindaco non ci rimostri il libro dei sogni che ci ha già fatto vedere una volta», hanno sottolineato i sindacalisti dopo l’assemblea.
Operai, tecnici e impiegati si sono rassegnati sul fatto che la Ferriera chiuderà in qualche anno, più probabilmente nel 2013 che nel 2015, ma non intendono arrendersi all’idea che si ritroveranno tutti in strada, per cui il principale bersaglio dell’offensiva sindacale si sta spostando dai vertici aziendali ai rappresentanti politici. «Condanniamo fermamente il comportamento delle istituzioni - ha attaccato Vincenzo Timeo della Uilm - dopo l’apertura dei Tavoli nel marzo scorso, è calato il silenzio totale, nessuna amministrazione ci supporta, men che meno si è incominciato a costruire un percorso che possa dare risposte occupazionali».
I lavoratori da ricollocare sono quasi un migliaio: ai 470 della Ferriera, vanno aggiunti i 200 della Sertubi e i 300 delle imprese artigianali dell’indotto. «Il presidente Tondo ha fatto trascorrere inutilmente quattro mesi - ha accusato Umberto Salvaneschi di Fim-Cisl - e pensare che a Roma credono che il processo di riconversione sia già partito». Luigi Pastore di Failms-Cisal ha fatto risaltare la differenza con il 1995: «Allora il sindaco Illy, il vescovo Bellomi, i rappresentanti della Regione erano al fianco dei lavoratori della Ferriera per assicurare loro un futuro, oggi siamo abbandonati a noi stessi».
Stefano Borini segretario provinciale di Fiom-Cgil ha sintetizzato le decisioni prese dall’assemblea: stato di agitazione, riconvocazione in presenza di qualsiasi fatto nuovo, stigmatizzazione dell’operato di Regione e enti locali. Ma ha anche tracciato il quadro generale di incertezza che mette a rischio la sopravvivenza dello stabilimento già nei prossimi mesi perché entro il 31 ottobre va rinegoziato il debito che il Gruppo Lucchini ha nei confronti delle banche e che raggiunge i 770 milioni di euro. Recentemente la Severstal ha ceduto il 50,8 per cento del gruppo a una società finanziaria controllata dallo stesso magnate russo Alexsej Mordashov.
E proprio ieri l’amministratore delegato della Lucchini Marcello Calcagni ha annunciato che lo stesso Mordashov sarà in Italia nei primi giorni di agosto per tracciare un nuovo business plan del gruppo, «business plan - ha precisato Calcagni - che naturalmente sarà oggetto di confronto costruttivo tra il managment di Lucchini e tutti coloro i quali sono portatori di interessi rilevanti nei confronti dell’azienda a partire dalle organizzazioni sindacali».
Ma i sindacalisti triestini hanno anche denunciato un calo di attenzione da parte dell’azienda nei confronti degli impianti «il che da un lato - hanno rilevato - non contribuisce a risolvere il problema dell’inquinamento riguardo al quale non siamo certo insensibili e dall’altro non permette di affrontare in modo completo la questione della sicurezza sul lavoro». Anche la richiesta di miglioramenti ambientali fa parte dunque del pacchetto delle rivendicazioni sindacali.
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