Ferriera, chiusura più vicina
Si avvicina paurosamente la data di chiusura della Ferriera di Servola. Al primo confronto svoltosi ieri a Roma con i rappresentanti dei lavoratori e delle istituzioni delle città in cui hanno sede unità operative del Gruppo Lucchini il commissario straordinario Piero Nardi ha affermato che per la dismissione dello stabilimento triestino non potrà assolutamente essere mantenuta la data prevista del 2015. Una sentenza del Consiglio di Stato ha infatti modificato anche con valore retroattivo fissato all’inizio di quest’anno le tariffe del considdetto Cip 6 in base al quale la Ferriera riusciva a vendere i gas di scarico dei prodotti di lavorazione, non rendendole più competitive. Se a ciò si aggiungono i 3 milioni di euro al mese di debiti che Servola accumula si ha il quadro di uno stabilimento sostanzialmente già fallito e in ulteriore forte perdita il che rende probabile la chiusura già a fine anno. Una situazione che ha messo in forte apprensione i quasi 500 dipendenti della Ferriera (da subito i contratti a tempo determinato e quelli interinali non verranno rinnovati) e i 200 dell’indotto.
Nell’ambito dello stesso incontro svoltosi al Ministero per lo sviluppo economico il sottosegretario Claudio De Vincenti e il direttore generale Giampiero Castano hanno affermato che Trieste ha le carte in regole per essere inserita tra le “aree di crisi industriale complessa” e che il decreto ministeriale sarà portato già domani alla Conferenza Stato-Regione. Le domande giunte sono 147, ma non tutte potranno essere accolte e complessivamente in ballo per questa fase ci sono 680 milioni di euro. In questa ottica a Roma entro metà febbraio verrà aperto un Tavolo specifico sulla questione di Trieste che andrà ad affiancarsi e coesisterà con quello più generale sul Gruppo Lucchini. In sede romana dunque potrà essere sottoscritto l’Accordo di programma con la Regione e le amministrazioni locali per affrontare la partita della dismissione dello stabilimento, della bonifica della zona e della reindustrializzazione dell’area di Servola. È stato anche ribadito dal Mise che in casi come questo di aziende in amministrazione controllata gli ammortizzatori sociali per i dipendenti possono protrarsi per tre anni. Da parte sua il Gruppo Lucchini, presente a Roma anche con il direttore pubbliche relazioni Francesco Semino ha manifestato il proprio impegno ad accompagnare il processo di dismissione dello stabilimento triestino mettendo in atto forme di integrazione degli ammortizzatori sociali integrando in questo modo il Protocollo d’intesa.
Chiaro però che la chiusura così ravvicinata non collimerà con i tempi della reindustrializzazione e nel frangente rischiano di bruciarsi tutti e tre gli anni di ammortizzatori creando in città una situazione sociale difficilmente gestibile dato che la deriva è già incominciata con la sostanziale chiusura di Sertubi e i suoi quasi 150 cassintegrati. Comunque gli amministratori regionali e triestini hanno espresso soddisfazione per l’esito dell’incontro partendo anche dal concetto che le risorse statali anche se non particolarmente consistenti, potranno calamitare capitali privati. «Il governo - ha affermato l’assessore regionale Sandra Savino - ha assicurato il proprio impegno e la disponibilità di risorse per superare la grave crisi manifatturiera in cui versa il territorio triestino e anche per supportare nuovi progetti di investimento, nuove occasioni di occupazione e interventi di risanamento ambientale». Giudizio complessivamente positivo dalla presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat e dall’assessore Adele Pino presente a Roma. «Sono giunti elementi di chiarezza - ha affermato Pino - che rafforzano le istituzioni locali nel convincimento che l’accordo di programma e il decreto di area di crisi industriale complessa sono l’unico percorso possibile per individuare nuove realtà industriali interessate a investire a Trieste». Soddisfatto anche l’assessore comunale Fabio Omero: «Il governo ha dimostrato di avere ben presenti le criticità del territorio e ha riconosciuto come da Trieste siano arrivate ben precise sollecitazioni per affrontare la questione di Servola e la crisi industriale del territorio: è in questo quadro che per Trieste è stato predisposto il decreto che riconosce lo status di “area di crisi industriale complessa”.
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