Ferriera, 40 operai uccisi dal cancro: indagati 15 ex manager

Omicidio colposo e lesioni gravi le accuse mosse a dirigenti che hanno guidato lo stabilimento prima dell’arrivo di Siderurgica Triestina. Chiesta dai pm una perizia affidata a un team di esperti
Operai al lavoro nella Ferriera di Servola
Operai al lavoro nella Ferriera di Servola

TRIESTE I morti accertati, uccisi dal mesotelioma pleurico o dal carcinoma polmonare, sono 40. Tutti dipendenti della Ferriera. Dal 1979 e fino al 2004 - quindi ben prima dell’inizio dell’era targata Siderurgica Triestina -, avevano lavorato tutti i santi giorni, per anni, all’interno dello stabilimento di Servola. Nel lungo elenco di persone con patologie riconducibili alla Ferriera, stilato dai pm Cristina Bacer e Matteo Tripani nell’ambito della loro inchiesta per omicidio colposo e lesioni gravi a carico di 15 ex dirigenti della fabbrica, ci sono anche due persone tuttora in vita. Uno di questi è l’ex sincacalista Luigi Pastore.

Nel registro degli indagati i pm Bacer e Tripani hanno inserito i nomi di manager e direttori operativi che, «in ragione della carica rivestita in una posizione di garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori», avrebbero avuto «responsabilità» attive nella sequenza di decessi. Quindici nomi, appunto. Quelli di manager legati alle “vecchie” proprietà della Ferriera, non riconducibili quindi al Gruppo Arvedi e a Siderurgica Triestina . I più noti sono Piero Nardi, ex consigliere delegato della Servola Spa e poi fino al 2004 amministratore dello stabilimento, e Giuseppe Lucchini, presidente di Servola Spa fino al 2001 nonché ad dal 1995 al 1998.

Tra gli indagati compaiono anche Didimo Badile, componente del comitato esecutivo dell’Italsider dal 1979 al 1981, Sergio Noce, direttore generale di Italsider dal 1981 al 1982, Gianbattista Spallanzani, pure direttore generale nello stesso periodo, Guido Denoyer, amministratore della Terni Spa e poi della Attività industriali triestine fino al 1988, Costantino Savoia, componente del Cda di Terni Spa. E ancora Attilio Angelini, presidente di Terni Spa fino al 1989, Luigi Broccardi Schelmi, procuratore della stessa Terni Spa e poi direttore generale della Attività industriali triestine fino al 1989, Paolo Felice, direttore generale di Aliforni e ferriere di Servola fino al 1995 e direttore dello stabilimento fino al 1996, Franco Asquini, commissario straordinario della Alti forni e ferriere di Servola fino al 1995. Nella lista infinte anche Michele Bajetti, amministratore delegato della Servola Spa fino al 2001, Vittorio Cattarini, presidente dei cda di Servola Spa fino al 2002 e Servola Srl fino al 2004, Francesco Chindemi, direttore dello stabilimento fino al 1997, e Mauro Bragagni, consigliere della Servola Srl fino al 2003.

L’accusa per tutti, a vario titolo, è di omicidio colposo e lesioni gravi per negligenza, imprudenza e imperizia. Gli indagati sono accusati inoltre di non aver osservato correttamente le norme a tutela della salute dei lavoratori a causa di una lunga serie di omissioni. Perché, secondo la Procura si conosceva fin dagli anni Sessanta la pericolosità delle sostanze - amianto e idrocarburi in particolare -, e nulla gli indagati avrebbero fatto per impedirne l’esposizione e informare i lavoratori dei pericoli per la salute. Questo stato di fatto, secondo i pm, ha determinato «una massiccia e incontrollata esposizione dei lavoratori» a polveri e fumi di amianto, benzene, benzoapirene e altre sostanze pericolose, letali. Insomma: gli ex manager sapevano ma non hanno fatto nulla per impedire malattie e decessi.

Le prove, fanno capire i pm titolari dell’indagine, sono rappresentate - per ora - da un ipotetico nesso di causalità generale tra l’esposizione professionale a determinate sostanze inquinanti e l’insorgenza di malattie neoplastiche, frutto degli esiti di una consulenza attivata dalla stessa Procura. E quindi di una perizia di parte.

Ma - e questa è l’essenza del provvedimento notificato agli indagati tramite l’unico difensore d’ufficio nominato, l’avvocato Daniela Jolanda Cuccaro - la Procura vuole altri elementi. Elementi che, una volta acquisiti, consentano con un’ulteriore ragionevole certezza l’attribuzione del nesso causale tra l’esposizione alle sostanze e i tumori che hanno ucciso o fatto ammalare i lavoratori.

Per questo motivo è stato chiesto al gip nei termini dell’incidente probatorio (e dunque utilizzabile come prova in dibattimento) di disporre una perizia collegiale con la nomina di un team di specialisti di medicina legale, del lavoro e di epidemiologia. I pm intendono definire allo stato attuale la rilevanza causale dell’esposizione dei lavoratori agli inquinanti, precedente al periodo che viene indicato in gergo tecnico come “latenza reale”. Chiedono anche agli esperti, che saranno nominati dal gip, di conoscere quale possa essere stata l’influenza di eventuali esposizioni successive alla cosiddetta fase di induzione della malattia, ovvero il lasso di tempo più “pericoloso”. Ma anche - così emerge nel provvedimento notificato agli indagati - si ritiene fondamentale, per il prosieguo delle indagini, un ulteriore approfondimento sulle neoplasie polmonari in rapporto al contatto prolungato dei lavoratori con molte delle sostanze generate nel ciclo siderurgico, come il benzene, il benzoapirene e gli altri idrocarburi policiclici aromatici, le ammine aromatiche, nonché polveri e fumi di metallo come cromo, piombo, ferro, nichel e zinco.

Come detto Siderurgica Triestina è completamente estranea all’inchiesta sui decessi avvenuti ben prima del suo arrivo a Servola. Per questo motivo, a fronte della richiesta di eventuali commenti, la proprietà ha scelto di non rilasciare dichiarazioni.

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