Fernetti si trasforma in Interporto Trieste
Al cambio di funzione segue il cambio di denominazione. L’Autoporto di Fernetti era nato come struttura “monomodale” di confine, poi l’evolversi della situazione politica nell’Europa orientale, l’ampliamento delle frontiere Ue, il progressivo ri-orientamento vettoriale delle merci (più ferrovia e meno gomma) hanno contribuito a riscrivere la storia del terminal. Che così si chiamerà “Interporto di Trieste spa”, come si desume dalla delibera consiliare che l’assessore al Bilancio del Comune, Matteo Montesano, porterà stamane all’attenzione della III commissione presieduta da Manuel Zerjul (Pd).
Già nella modifica del nome è implicita la differente ragione sociale del “nuovo” Fernetti: più porto e più ferrovia, meno transito di camion. Da “monomodale” a “multimodale”. Da stazione di posta camionale a luogo di scambio sulla triplice combinazione gomma/binario/banchina.
Un’alternativa necessaria per salvare la struttura, altrimenti condannata all’obsolescenza: si pensi che dai 300 mila camion, transitati alla metà dello scorso decennio, si è scesi agli attuali 145 mila. Le aziende ospitate erano una sessantina, oggi sono una trentina. Davano lavoro a circa 400 addetti, oggi i dipendenti si sono ridotti di una conseguente metà. Alternativa strategica - si diceva - su cui si è celebrato un consensuale passaggio di testimone tra le gestioni Maranzana-Maraspin e l’attuale conduzione di Giacomo Borruso, inaugurata giusto un anno fa.
Lo stesso Borruso racconta come sta cambiando la clientela di Fernetti: «Cresce la vocazione retroportuale, come dimostrano gli oltre 120 mila camion turchi “trattati” prima dell’imbarco. Aumenta l’attenzione verso la manipolazione delle merci provenienti dalla banchina, come attesta la volontà di affittare un ramo d’azienda Tergestea. Nei nostri progetti c’è l’intensificazione delle relazioni ferroviarie con l’area centro-orientale europea, dall’Ungheria alla Serbia». Perchè da oltre due anni funziona il collegamento ferroviario con il “sottostante” porto e da tre anni viaggiano convogli “ro-la” da/per Salisburgo.
Il giorno 26 maggio si terrà l’assemblea che procederà ad adeguare la denominazione e provvederà all’approvazione del bilancio. L’esercizio si è chiuso con un fatturato di 4,2 milioni e con un utile di 23 mila euro. La macchina amministrativa è azionata da 23 dipendenti, pilotati dal direttore Oliviero Petz. Proprio nel maggio di un anno fa gli azionisti hanno rinnovato gli organi direttivi del terminal e hanno ridotto da 9 a 5 gli “stalli” nel consiglio di amministrazione: oltre all’ex rettore Borruso, entrarono allora Nicoletta Paganella (che avrebbe poi assunto le deleghe di a.d.), Andrej Berdon, Franco Bosio, Federico Taucer.
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