FERNETTI, IL NODO DEL RETROPORTO
Dopo la rincorsa viene il decollo. È ormai tempo che questo accada anche per il porto. Lo si è detto ripetutamente. È dagli anni Ottanta che il porto di Trieste ha perso i contatti con gli altri porti italiani. Il distacco si è accentuato negli anni Novanta. Si arriva così alla crisi dei primi anni Duemila, quando della crescita di traffici nell'Adriatico ne usufruirono solo Capodistria e Monfalcone. La situazione è cambiata in quest'ultimo anno, e il traffico container è cresciuto sia a Trieste che a Capodistria. Possiamo esserne soddisfatti?
Veniamo da un lungo declino, da invertire. Per farlo il bisogna metter mano alla ricostruzione delle condizioni di funzionamento materiale del porto. Bisognerà completare il tracciato ferroviario Trieste Capodistria, in sospeso da troppo tempo. Bisognerà riattivare quei tracciati ferroviari che stavano per andare in disuso. Si è già posto mano ad un piano, il Piano Operativo Triennale, ben documentato, e già parzialmente finanziato, di ampliamento delle infrastrutture: la piattaforma logistica, il molo Ottavo, che si spera abbia tempi di realizzo inferiori a quelli del molo Settimo. E soprattutto ci vogliono spazi, tanti spazi.
I porti, oggi, si sa, non necessitano più solo di magazzini. Né quelli di Portovecchio, ormai manufatti storici, potranno essere abbattuti, per farne piazzali. Ma, in fondo, anche Capodistria ha lo stesso problema. E allora? La chiave è lo sviluppo comune di retroporti integrati, gestiti informaticamente, cosa per cui si sta già lavorando. Solo questo può consentire, accelerando la rotazione di container e di automezzi, di sostenere la crescita dei traffici che dal porto si diffonderanno in Europa, o dall'Europa transiteranno dai porti. Solo così i porti del Sud potranno competere con quelli del Nord Europa. L'autoporto di Fernetti è il candidato naturale per questo ruolo integrato con l'area di Sezana, che il porto di Capodistria destinerà a retroporto. Ci vorrà una gestione, i cui interlocutori non potranno essere che i due porti, che insieme affrontino e risolvano i problemi di coordinamento.
Fernetti è nato come un autoporto le quote della cui società di gestione erano distribuiti tra Provincia, comune di Trieste, di Monrupino e Camera di Commercio. L'intenzione, all'epoca, era evidentemente quella di garantire un ambito di interessi che andasse oltre quelli semplicemente cittadini. Peraltro, nelle condizioni odierne, il traffico a lunga distanza, retroportuale o autoportuale che sia, e ammesso che la distinzione oggi abbia senso, ha un orizzonte che va oltre il comune e la provincia; nelle condizioni attuali richiede un'approccio globalizzato.
C'è, inoltre, il problema, non secondario, di spostarvi parte del Punto Franco trasferendovi la disciplina, vigente in forza del Trattato di Pace, con i suoi particolari vantaggi, che eccedono la legislazione doganale ordinaria. Sono questi vantaggi alla base del grande interesse mostrato per il porto, in questi ultimi tempi, da ambienti internazionali. Quali saranno le condizioni giuridiche che renderanno possibile il trasferimento? Alcuni sostengono che i punti franchi dello Scalo Legnami, di Prosecco e Zaule, possano costituire un precedente; altri esperti, invece, ritengono che essi non ricadano sotto la disciplina che ha la sua fonte nel Trattato, bensì semplicemente sotto quella doganale ordinaria.
La linea del rilancio passa, dunque, attraverso la costruzione di un area portuale integrata dell'alto Adriatico. Le trattative in corso tra Capodistria e Trieste si muovono in quella direzione. Grazie gli accordi tra i sindaci Cacciari e Dipiazza, il porto di Trieste potrà godere di una centralità nell'area. Ma va anche detto che quelle intese contribuiscono, innanzitutto, a costruirla, quell'area. Così come aiuteranno gli incontri progettati del sindaco con Lubiana e Zagabria. Bisogna, però, ricordare che il porto di Capodistria è l'unico porto di uno stato, intenzionato a facilitare al massimo la sua crescita. Ora, sta alle autorità direttamente responsabili: Provincia di Trieste, Comuni di Trieste e Monrupino, Camera di commercio, mettere il porto in condizioni di poter far fronte alla sfida. Così come alla Regione esercitare nella vicenda il ruolo di indirizzo.
L'area di Fernetti, di grandi dimensioni, è la nostra carta. Dopo la lunga rincorsa, la città si aspetta il decollo del porto. In un modo o nell'altro avverrà. Meglio subito, meglio meglio.
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