Fermenti sulla rotta balcanica, i migranti riprendono la marcia
LUBIANA I numeri non farebbero pensare a un’immediata ripresa di un forte flusso di migranti che si sposta lungo la cosiddetta rotta balcanica, ma i governi di Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina sono in allarme e parlano di una pressione in aumento, soprattutto adesso che le norme emanate nel pieno della pandemia da Covid-19 e i profughi sono usciti dai centri in cui erano stati rinchiusi per motivi sanitari. Secondo fonti del ministero degli Esteri della Slovenia sarebbero tra i 10 e i 15 mila coloro i quali sarebbero pronti a transitare lungo la rotta per cercare di raggiungere l’Europa centrale, da soli o con il costoso aiuto dei trafficanti di esserei umani che come avvoltoi stanno già iniziando a girare attorno alle proprie vittime, come confermano anche segnalazioni dei servizi segreti.
Sabato scorso, la polizia di frontiera della Bosnia-Erzegovina ha respinto circa 150 rifugiati che hanno cercato di entrare nel Paese dalla Serbia nei pressi della città di Zvornik. È la prima volta che si viene a sapere che la polizia di frontiera della Bosnia-Erzegovina ha impedito a un numero così cospicuo di rifugiati, provenienti dalla Serbia di attraversare il confine. Il governo di Sarajevo è stato piuttosto passivo nel controllare il confine in passato, ma recentemente ha agito in modo più severo, anche a causa dell'epidemia da coronavirus. La Bosnia, fino ad oggi, ha sempre cercato di trasformarsi in una terra di transito dei migranti incontrando però a ovest la ferma e violenta opposizione della polizia di frontiera croata. Croazia che vuol fare bella figura in quanto è sempre in lista d’attesa di fare il suo ingresso nell’Area Schengen diventandone così il confine esterno, che, dunque, deve essere difeso seriamente. Anche violando i diritti umani? Una ong croata impegnata nella difesa dei diritti dei migranti ha sporto denuncia proprio contro la polizia croata per torture e umiliazioni subite da almeno 33 persone, tra le quali anche due bambini, e per respingimenti illeciti verso la Bosnia di gruppi di migranti. Come ha riferito l'Istituto per la pace si tratta, secondo questa organizzazione, di comportamenti illegali e di uso della violenza da parte degli agenti croati in quattro diversi casi avvenuti negli ultimi tre mesi. La denuncia è collegata ad articoli del Guardian britannico, che nelle scorse settimane ha sostenuto che la polizia di confine croata avrebbe umiliato su base religiosa alcuni migranti musulmani segnando loro sulla testa una croce con dello spray colorato. Notizia questa che aveva suscitato sdegno e condanna. Nella denuncia della ong si parla di violenze subite dai migranti, di pestaggi, minacce e varie umiliazioni che avrebbero lo scopo di scoraggiarli a ritornare in Croazia. Il documento consegnato alla procura di Zagabria riporta testimonianze dirette delle vittime, con fotografie e altre prove. «La polizia croata si comporta in questo modo da anni, fatto che ci costringe a concludere che non si tratta di casi isolati ma di una decisione politica e di un uso sistematico della violenza», hanno spiegato i rappresentanti dell'ong. La polizia croata ha, peraltro, sempre negato queste e altre simili accuse.
Tornando ai numeri della rotta balcanica si vede, ad esempio che la Slovenia ha intercettato dall’1 gennaio al 30 aprile di quest’anno 2349 immigrati clandestini in maggioranza pakistani, marocchini e afghani. La cifra, comunque eè inferiore del 23% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Perché tutto questo allarme dunque? Lo spiega lo stesso ministro degli Interni sloveno Aleš Hojs dai micofoni di Rtv Slovenija. «I numeri, se guardi cumulativamente da gennaio a maggio - spiega il ministro - sono leggermente inferiori rispetto allo scorso anno. Se si osservano i numeri solo da gennaio all'inizio dell'epidemia, erano quasi l'80% più alti. Quindi questo drastico calo è certamente dovuto al fatto che i confini erano praticamente chiusi». «E non solo - precisa Hojs - c'è stato un movimento strettamente limitato sia in Serbia che in Bosnia-Erzegovina. Anche l'esercito sostanzialmente ha tenuto o protetto i centri di migrazione lì, e in qualche modo stimiamo che immediatamente dopo il rilascio, quando sarà possibile attraversare i confini in modo più flessibile, l'ondata di migranti sarà di nuovo più grande». Ed è per questo che la Slovenia ha inviato altri mille agenti di polizia a rafforzare i suoi confini meridionali con la Croazia invitando, allo stesso tempo, anche agenti italiani e austriaci ad operare nelle stesse aree quasi a voler costituire una forza internazionale di interdizione del flusso migratorio. E se si parla di un possibile intervento di Frontex il «no grazie, per carità!» è la risposta che si riceve. L’Europa non c’è più. Nemmeno alle sue frontiere. —
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