Fermeglia: «Su Regeni i docenti di Cambridge dovevano collaborare»

Parla il rettore dell’Università di Trieste Maurizio Fermeglia: «Erano certamente consapevoli dei rischi cui poteva andare incontro durante la sua ricerca in Egitto»
Una protesta per chiedere la verità sulla morte di Giulio Regeni
Una protesta per chiedere la verità sulla morte di Giulio Regeni

TRIESTE. I docenti inglesi di Cambridge che seguivano Giulio Regeni hanno opposto il proprio silenzio alla rogatoria con cui la Procura di Roma intendeva ottenere informazioni sul lavoro dello studioso italiano e sullo scambio di mail con i suoi professori. Simile comportamento ha suscitato sconcerto nel mondo accademico italiano, incredulo davanti alla scelta di dichiarare "confidenziale" la ricerca di Giulio, come consigliato dagli avvocati dell'ateneo, che nel frattempo ha ribadito la volontà di collaborare, senza tuttavia spiegare le ragioni del "no comment". Il rettore dell'Università di Trieste, Maurizio Fermeglia, non ha dubbi sulle mancanze di Cambridge: «Giulio è stato mandato in Egitto a fare la sua ricerca, nonostante i professori che lo seguivano fossero consapevoli dei rischi. Non so invece quale fosse la consapevolezza del ragazzo in questa drammatica vicenda».

 

"Inviare Regeni in Egitto? Leggerezza dell'Università di Cambridge"
Il rettore Maurizio Fermeglia (sulla destra) mentre interviene a Link (foto Francesco Bruni)

 

Rettore Fermeglia, cosa ne pensa del silenzio di un'istituzione accademica così prestigiosa?

Una cosa totalmente inaccettabile. Si può capire che le indagini siano ostacolate da un regime, ma qui parliamo del silenzio dell'Inghilterra alla rogatoria di un paese amico, che non è riuscito ad avere alcuna collaborazione dall'Egitto.

Cambridge vuole nascondere qualcosa?

Vorrei saperlo. Mi pare logico che gli investigatori chiedano informazioni ed è irritante che i docenti non abbiano pronunciato almeno un "non so", chiudendosi dietro la secretazione del lavoro di Regeni.

Una ricerca di dottorato può essere posta sotto segreto?

Può accadere che una ricerca richieda la protezione della proprietà intellettuale, quando è finanziata da grandi aziende per la realizzazione di brevetti. Ma ciò non ha niente a che vedere con interviste a sindacalisti, come quelle di Regeni, tanto più che davanti a una rogatoria internazionale non c'è segreto industriale che tenga.

 

Regeni: i docenti di Cambridge non rispondono al pm
Giulio Regeni, il ricercatore di Fiumicello

 

I docenti cercano di sottrarsi alle proprie responsabilità sull'invio di Giulio in Egitto?

Ci sono state leggerezze. Regeni non aveva un riferimento accademico locale, come accade sempre per i dottorati svolti fra due diversi paesi. Serviva invece un docente egiziano che spiegasse procedure e rischi, come avviene a qualsiasi ricercatore ospitato in un laboratorio che non conosce. Cambridge sapeva che nessun professore dell'Università del Cairo avrebbe potuto fare da tutor alla ricerca di Giulio in un regime come quello egiziano: era un rischio noto ai suoi docenti. Docenti che in alcuni casi sono noti oppositori del regime di al-Sisi. È una posizione legittima, ma intrecciare ricerca e attivismo è sempre un azzardo, perché un approccio del genere non è credibile. Bisognerebbe capire se il rifiuto di rispondere alla rogatoria arrivi dai supervisor di Regeni, dal rettore di Cambridge o dal governo inglese. Ad ogni modo il silenzio va considerato una decisione dei vertici dell'università inglese: la responsabilità legale è sempre del rettore.

I genitori di Giulio hanno criticato con la solita compostezza il silenzio inglese. Cosa si sente di dire loro?

Che l'università dovrebbe essere luogo ed esempio di trasparenza e che stavolta non lo è stata. Tutto questo andava risparmiato alla famiglia. Da accademico mi sento in colpa e sto con i tanti che in Italia vogliono che si vada fino in fondo.

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