Feriti in battaglia: è la guerra che porta i progressi in medicina

Sei giugno 2017. A 73 anni dallo sbarco in Normandia, decine di reduci, ormai ultranovantenni, affollano le spiagge delle battaglie del D-Day, celebrati da migliaia di persone accorse per l'anniversario.
Insieme a armi e divise, nei molti musei che ricordano lo sbarco fanno bella mostra di sé anche strumenti e medicinali usati dalle truppe mediche che accompagnavano i soldati in battaglia. Molte le storie rimaste leggendarie, come quella dei paracadutisti paramedici che si lanciarono dietro le linee tedesche il giorno dopo il D-Day per prestare assistenza alle truppe appena sbarcate o quella dell'equipe chirurgica che, qualche mese più a tardi, nel dicembre 1944, superò l'accerchiamento di Bastogne atterrando con gli alianti per assistere i soldati feriti della 101.a divisione americana che difendeva città.
La seconda guerra mondiale fu un momento in cui tutta la medicina fece un importante passo in avanti. Già dall'inizio della guerra, ogni soldato americano portava nel suo kit di primo soccorso appeso alla cintura una polvere contenente sulfanilamide, il precursore dei sulfamidici, da cospargere sulle ferite. Dopo il 1941, gli alleati potevano anche contare sulla penicillina, scoperta casualmente da Fleming nel 1928 ma valorizzata come antibiotico soltanto alle soglie della guerra, quando due ricercatori di Oxford, Florey e Chain, svilupparono un metodo in grado di purificarla in grandi quantità. I progressi nell'anestesia consentirono interventi chirurgici più complessi e le trasfusioni di plasma iniziarono a salvare vite umane in condizioni di emergenza.
Non sorprendentemente, però, fu la chirurgia a fare veri e propri passi da gigante: i due fondamentali traguardi raggiunti da questa disciplina negli anni '50 e '60 - la cardiochirurgia e i trapianti d' organo - sono entrambi conseguenze dei progressi compiuti sui cambi di battaglia. Chirurgia e guerra rappresentano da sempre un binomio purtroppo indispensabile: persino l'attuale possibilità di operare i pazienti con l'ausilio di un robot nasce dalla necessità di fornire alle truppe in prima linea assistenza avanzata da parte di chirurghi connessi in maniera remota dalle retrovie.
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