Fedriga incassa il ko e contrattacca subito: «Le regole sono altre? E allora si vada al voto»

Il fronte trasversale del No guidato dal governatore annovera anche il suo predecessore Tondo: «È prevalsa solo l’antipolitica» 

TRIESTE Si aspettava la sconfitta e ha già pronta l’arma dialettica da mettere in campo. Il presidente Massimiliano Fedriga si è espresso negli ultimi giorni contro il taglio dei parlamentari ma, ora che la riduzione è stata decisa, chiede subito le elezioni anticipate, perché «il Parlamento non rispetta più i numeri previsti dalla Costituzione: la maggioranza giallorossa ne prenda atto e ci porti a votare». E mentre Fedriga passa dalla difesa all’attacco, i fautori del No guardano con preoccupazione al quasi dimezzamento dei seggi per il Friuli Venezia Giulia.

Il governatore sottolinea che il Sì ha vinto con numeri «al di sotto dei sondaggi di qualche mese fa e il Fvg è la regione dove maggiore è stato il numero dei No. Mi auguro che ora non vogliano andare avanti con una legge elettorale con il proporzionale puro, perché questo toglie il diritto di scelta ai cittadini». Per Fedriga, «il Parlamento dovrà uniformare la legge elettorale ai nuovi numeri parlamentari» e poi si dovrà andare alle urne, perché è «opportuno che sia un Parlamento diverso a eleggere il Capo dello Stato».

Fedriga si è differenziato dalla linea della sua segreteria nazionale e lo stesso ha fatto la senatrice Pd Tatjana Rojc, tra i promotori del referendum. Secondo Rojc, «va rispettato il responso, ma quasi un terzo dei cittadini ha lanciato un segnale al di sopra delle attese per quantità e consapevolezza. La legge elettorale dovrà tener conto delle esigenze di rappresentanza dei territori e delle minoranze. Questo vale in particolare per le regioni più piccole e penalizzate. In Fvg la riforma costituzionale dovrà garantire alle minoranze il diritto di tribuna: combatteremo perché sia facilitata la presenza di almeno un parlamentare sloveno a Roma».

Mai entusiasta del quesito si è mostrato Ettore Rosato, ma il renziano preferisce non prendere parte agli schieramenti: «Deve cominciare una nuova stagione, quella di una riforma che renda più efficiente lo Stato. Ci può essere uno spazio per farlo d’intesa con l’opposizione, altrimenti rischiamo di aver fatto una cosa monca, che ha poco senso se non quello di aver ridotto di qualche milione il costo della politica».

Nel centrodestra, l’area moderata manifesta disagio. Renzo Tondo (Nci) ricorda di essere «uno dei 13 deputati che hanno votato per il No in aula. Vediamo prevalere la comunicazione basica e antipolitica, ma fa piacere che in questo dilagare il Fvg abbia un risultato migliore per il No». Il forzista Franco Dal Mas sottolinea che «vince la non vittoria: la presunta riforma penalizzerà la rappresentanza del Fvg nel prossimo Parlamento: perdiamo quasi metà degli eletti mentre altri territori sono meno colpiti». Il senatore valuta anche l’andamento delle regionali: «Affermazione importante per Zaia, anche se è presto per dire quali saranno gli effetti sulla Lega, ma su Salvini potrebbe pesare la non affermazione in Toscana e Puglia. Quanto a noi, Forza Italia paga l’ascesa del populismo, ma non c’è disegno alternativo a questo governo che prescinda da Fi».

Sul referendum si esprime anche il presidente di Confindustria Alto Adriatico. Secondo Michelangelo Agrusti, sostenitore del No, «il dato del Fvg mostra un riverbero della società civile: un segno di resilienza democratica non banale. Ma pagheremo caro questo errore sulla rappresentanza, dopo che anni di leggi elettorali sciagurate e prestazioni scadenti dei parlamenti ci hanno portato fin qui. In alcuni partiti c’è stato un ravvedimento operoso sul Sì, mentre noto che chi lo ha sostenuto con più veemenza esce massacrato dalle regionali». —



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