Fece esplodere la casa a Sant'Antonio, patteggia due anni

TRIESTE La fuga di gas, lo scoppio, la casa che crolla. Per Gianfranco Zucca, il cinquantenne accusato di aver provocato nell’ottobre del 2017 l’esplosione della villetta di Sant’Antonio in Bosco di proprietà della moglie, è arrivato il conto della giustizia: l’uomo ha patteggiato due anni di reclusione con la sospensione condizionale della pena. Un gesto che, all’epoca dei fatti, era apparso come un tentativo di suicidio: Zucca era rimasto gravemente ferito con ustioni su tutto il corpo, ma si era salvato e ora si sta lentamente riprendendo. Il pm Federico Frezza aveva aperto un’indagine contestando al cinquantenne, difeso dall’avvocato Paolo Longo, il reato di “crollo di costruzioni o altri disastri dolosi”, previsto dall’articolo 434 del Codice penale. Il patteggiamento è stato accordato con il pm Frezza nell’udienza davanti al gup Massimo Tomassini.
Lo scoppio aveva provocato non solo il cedimento dell’abitazione, ma anche il danneggiamento di quelle vicine. La compagnia assicurativa che ha in mano la pratica si sta occupando dei risarcimenti. Nel corso delle ultime udienze in Tribunale l’avvocato dell’imputato si è premurato di aggiornare il giudice e le parti lese sull’andamento delle liquidazioni e di sgombero delle macerie. Operazioni da cui probabilmente è dipeso anche l’esito della proposta di patteggiamento con la pena sospesa.
Dagli accertamenti investigativi è emerso che il cinquantenne aveva staccato il raccordo di giunzione del tubo di gas del piano cottura della cucina facendo così fuoriuscire un massiccio quantitativo di metano. A quel punto aveva innescato la deflagrazione, probabilmente accendendosi una sigaretta.
L’ipotesi del gesto estremo si era fatta via via sempre più credibile nei giorni immediatamente successivi all’episodio, quando erano venute a galla le tensioni in famiglia e lo stato psicofisico del cinquantenne. L’uomo in effetti aveva già ventilato l’intenzione di farla finita e di distruggere la villetta. Una minaccia ripetuta davanti alla coniuge con cui era sposato da vent’anni. «Non avrò niente io, non avrete niente voi», le avrebbe urlato in un’occasione. Una settimana prima dell’incidente la donna aveva deciso di andarsene di casa portando con sé i figli. Una scelta, questa, innescata - a quanto è dato sapere - dai maltrattamenti subiti dal marito. La moglie si era trovata costretta anche a rivolgersi a un centro anti-violenza.
Zucca, riconoscendo la gravità dei propri atti, nei mesi successivi allo scoppio aveva preparato una lettera ai vicini chiedendo perdono: «Vi scrivo con profondo rammarico. Oltre a porgervi le mie più sincere e sentite scuse, intendo comunicarvi il mio fermo impegno a fare quanto mi è possibile per tentare di riparare il grave pregiudizio, patrimoniale e morale, che vi ho procurato».—
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