Favole, realtà e stereotipi Ma ora “Cambia la storia”

La “rilettura” di Cappuccetto Rosso lanciata dal Centro per la Salute del Bambino  
Linda Caglioni

il progetto



Migliaia di bambine e di bambini si sono abbandonati al sonno ascoltando la trama di Cappuccetto Rosso, tra lupi cattivi, bambine sbadate, cacciatori coraggiosi. Adesso c’è chi crede sia giunto il momento di riscriverne gli allacci narrativi, per cancellare gli stereotipi di genere che la fiaba tra le fiabe porta con sé. È il cuore di “Cambia la storia”, il progetto contro gli stereotipi di genere promosso dal Centro per la Salute del Bambino (Csb) e sostenuto da Crédit Agricole Group Italia.

«L’idea di riscrivere Cappuccetto Rosso è un pretesto per parlare di tutte quelle storie reali delle bambine e dei bambini che si trovano incasellati in stereotipi», ha specificato nel corso della diretta Fb di presentazione Elena Maria Colombo, del Csb: «L’obiettivo è sviluppare un discorso critico, spiegare a una bambina che può diventare scienziata e a un bambino che può essere un ballerino».

Durante l’iniziativa, che si è sviluppata in due incontri moderati dalla responsabile regionale di Articolo 21 Fabiana Martini, sono intervenuti diversi esperti della questione. Tra cui il pedagogista ludico Antonio Di Pietro che, attraverso alcuni esempi di vita quotidiana, ha restituito la misura di quanto certi meccanismi siano insidiosi, proprio perché considerati normali: «Quando si va in un centro commerciale, se si chiede consiglio a un commesso per un giocattolo, quest’ultimo, dopo essersi informato sull’età, chiederà ai clienti se si tratta di un bambino o di una bambina. Nonostante si sia nel 2021, le discriminazioni sono ancora presenti perfino quando si gioca».

Benché il progetto sia stato lanciato dal Centro per la Salute del Bambino, sono molte le realtà che vi partecipano. È il caso del Centro antiviolenza Goap. «Certi giochi e pure le fiabe, apparentemente innocenti, possono contribuire a creare la cultura iniqua su cui la violenza si fonda», ha affermato Maria Grazia Apollonio, nello specificare le ragioni che hanno portato il Goap a sostenere il progetto: «Nelle scuole tocchiamo con mano quanto gli stereotipi di genere siano introiettati e quanto malessere generino. Vanno destrutturati per dare l’opportunità di esprimersi liberamente». E così, nel caso specifico di Cappuccetto Rosso, «abbiamo una bambina vestita in maniera appariscente che disobbedisce a quanto la mamma ordina, si fa tentare dal lupo e finisce nei guai». Un’escalation di eventi che «porta a credere che Cappuccetto “se la sia cercata”. Anche nelle fiabe si può intravvedere un rovesciamento delle responsabilità», ha osservato Apollonio.

Il bello delle fiabe in senso stretto, tuttavia, è che possono cambiare molto più facilmente di quanto sappia fare la cultura che le ha generate.

Secondo il filosofo Lorenzo Gasparrini, «attraverso Cappuccetto Rosso, in fondo, si cerca di dire alle bambine che comportamento tenere. E la stessa cosa la fanno certi senatori, quando affermano che le donne dovrebbero adoperarsi solo nei mestieri di cura, lasciar stare le scienze esatte, non impicciarsi delle cose importanti, perché a quelle ci pensano agli uomini».

Al dibattito ha preso parte anche Elena Fierli dell’Associazione Scosse, che si occupa di formazione nonché di educazione al genere e alle differenze: «Quando parliamo con i ragazzi cerchiamo di ricostruire con loro i codici, di aiutarli a elaborare un immaginario in cui il futuro sia aperto. Affinché ogni persona possa determinarsi e scegliere la propria strada».—



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