Fatture gonfiate indagati i fratelli Bosco

Sequestro preventivo di 170mila euro sui loro conti. Il legale: tutto in regola

TRIESTE. Fatture gonfiate per l'ammontare di 200 mila euro utilizzate per abbattere il reddito ai fini fiscali. Nei guai, come fruitori dei documenti, sono finiti Giorgio e Fabio Bosco, amministratori della omonima società proprietaria dei supermercati e della Corona Srl; e Davide Stupar, titolare della Graphart Srl, lo stabilimento tipografico di San Dorligo della Valle. Sono accusati di evasione fiscale. Ieri pomeriggio i finanzieri della prima compagnia hanno notificato ai tre indagati un decreto di sequestro preventivo per la somma equivalente di 200mila euro firmato dal gip Guido Patriarchi su richiesta del pm Lucia Baldovin.

In particolare ai fratelli Bosco viene contestata l'evasione "indiretta" di 170mila euro, mentre quanto a Stupar la somma ammonta a 30mila euro. In sostanza i tre imprenditori, utilizzando le fatture ritenute gonfiate dai finanzieri e dalla Procura, avrebbero abbassato in maniera rilevante l'ammontare delle tasse che avrebbero dovuto pagare al fisco senza appunto le fatture gonfiate. Le fatture finite sotto la lente d'ingrandimento della Finanza fanno riferimento a servizi forniti da un'altra ditta della quale non sono stati rivelati né il nome né la ragione sociale. Si sa solo che lavora nel ramo dei programmi informatici che poi sono stati acquistati dalle società dei due Bosco e da quella di Stupar. Gli importi sarebbero stati contabilizzati con somme ben più alte di quelle effettive.

Per esempio: una prestazione da 5mila euro sarebbe stata fatturata per cinque o sei volte tanto. In questo modo le cifre corrispondenti a quelle somme - messe poi in detrazione - sono diventate costi finti per le aziende. Costi che, per gli investigatori della Finanza, non hanno un corrispettivo per il servizio acquistato. Il sequestro preventivo della somma di circa 200 mila euro è stato ovviamente riferito ai conti correnti bancari riconducibili ai tre imprenditori. «Nelle fatture si fa riferimento a prestazioni che sono dimostrate e dimostrabili. Bisognerà provare che quelle cifre sono state gonfiate allo scopo di abbassare le tasse», dichiara Davide Stupar. «Questa tegola mi capita tra capo e collo in un momento non facile per l'azienda», aggiunge. Gli fa eco l'avvocato Paolo Pacileo, difensore dei fratelli Bosco.

«Le prestazioni alle quali si riferiscono le fatture sono state regolarmente eseguite. Nei prossimi giorni chiederò la copia delle documentazioni e verificherò i ragionamenti della Guardia di finanza. Per me è tutto regolare. Per questo ritengo che promuoverò l'istanza di dissequestro». La Graphart sta vivendo una grave crisi e l'indagine della Finanza nasce proprio dalla situazione di sofferenza. L'esposizione raggiunge gli 8 milioni di euro. Alcuni avvocati di recente si sono fatti avanti e hanno pignorato presso altre aziende triestine, somme importanti che spettavano alla Graphart, impossibilitata a pagare.

Lo scorso primo marzo tutti i 24 dipendenti sono stati licenziati e poi sono stati riassunti dalla nuova società che è subentrata, la Graphart Printing spa, società che dopo il via libera delle banche ha deciso di affittare lo stabilimento finora gestito dall'azienda in crisi. Al vertice della nuova società è insediato Adriano Sossi, componente tra l'altro del cda del Teatro stabile sloveno. Lo schema del salvataggio è stato tracciato dai commercialisti dello studio "Boscolo&partners". La vecchia società a breve scadenza chiederà di essere ammessa al concordato prefallimentare che garantisce il 100 per cento dei crediti vantati dai dipendenti e dagli Istituti previdenziali. Gli altri, i cosiddetti "chirografari" dovranno accontentarsi di una percentuale di gran lunga minore. E ora arriva il sequestro della Finanza. 

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