Faro della Vittoria, quel simbolo «temporaneamente sospeso»
Dal Faro della Vittoria si potranno anche ammirare le grandi navi da trasporto che pascolano nel golfo, ma turisti non se ne vedono di sicuro. Gli imprevisti mesi di chiusura primaverile pare siano bastati a far uscire il Faro dai radar delle comitive che arrivano a Trieste. Si può passare una mattinata intera senza incocciare in alcun viaggiatore, gruppi o singoli che siano, che tenti di entrare in questo monumento simbolo della città. A quanto pare i visitatori preferiscono risparmiarsi l'inutile viaggio al Faro e si accontentano di guardarlo da lontano.
Va detto che la logistica cittadina non invoglierebbe il riluttante turista nemmeno se il Faro fosse visitabile: può capitare di aspettare molto a lungo prima che un autobus percorra via Udine e Strada del Friuli e passi sotto al monumento. Ma poniamo che il nostro ipotetico visitatore trovi la voglia di aspettare il bus o decida per un taxi: arrivato, si troverebbe davanti un'inequivocabile testimonianza dei bizantinismi della burocrazia italica. Sopra al cartellone con gli orari di visita, infatti, il personale del Faro ha dovuto incollare col nastro adesivo un cartello di sapore kafkiano: «Le visite al Faro sono temporaneamente sospese in attesa del rinnovo della convenzione fra la Marina militare e la Provincia di Trieste». Alle spalle del portone sbarrato la Vittoria alata scolpita da Giovanni Mayer negli anni Venti continua imperterrita a guardare il mare, quasi preferisse non pensarci. È silente anche la povera pagina Facebook del Faro, che con i suoi oltre 700 fan si proponeva come un modo accattivante per far conoscere il monumento attraverso il web.
Eppure la gente interessata a vedere da vicino questa colossale testimonianza delle vicissitudini della Trieste del secolo scorso non mancherebbe. «Tempo fa sono arrivate due corriere piene di persone - racconta il personale della vicina Trattoria al Faro di Andrea Pozzani -. Hanno trovato il monumento chiuso e si son limitati a guardare il panorama. Un gran peccato, perché è uno dei simboli della città e a noi le comitive portavano anche qualche cliente». Anche se, precisano, l'apporto principale in termini di affari era determinato da turisti autonomi, singoli e famiglie, che magari coronavano una giornata a Trieste con l'ascesa al Faro e un pasto al ristorante. «Erano soprattutto di austriaci - spiegano -. Ancora adesso c'è gente che ci telefona per sapere se il Faro è aperto oppure no».
Pochi giorni fa la presidente della Provincia Maria Teresa Bassa Poropat assicurava che il nodo è stato sciolto e che è solo questione di tempo prima che il regolamento per la gestione comune fra i due enti venga approvato. «Non era possibile definire la convenzione prima dell’approvazione del bilancio. Ora si può procedere - ha spiegato Bassa Poropat -. È già pronta una bozza di accordo che sarà sottoscritta nei prossimi giorni». Nel frattempo però il Faro resta inaccessibile. Proprio nel momento in cui il territorio di Trieste dichiara di voler investire sulla propriaa vocazione turistica (e le cifre diffuse da TurismoFvg sembrano dargli ragione) un garbuglio burocratico fra Marina e Provincia priva la città di un'attrazione turistica da 6mila visitatori l'anno. Non saranno il milione del parco di Miramare (che chiuso non è ma certo non si può dire in ottima salute), ma è una cifra di tutto rispetto. La speranza è che, se non altro, questo tempo d'attesa venga messo a frutto: grazie ai 70mila euro che la Provincia ha ottenuto dall'Ue nell'ambito dei fondi per la Grande guerra l'intera area dovrebbe venire rinnovata e riaperta nelle prossime settimane.
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