Farnesina, chiesta chiarezza sull’uccisione di Alex

Sta diventando un caso diplomatico la morte del cuoco delle “Dune”. La Procura di Oaxaca, secondo la stampa locale, continua a nascondere informazioni
Di Giovanni Tomasin

La reticenza delle autorità dello stato messicano di Oaxaca sull’omicidio del cuoco triestino Alex Bertoli potrebbe creare un caso diplomatico. La notizia data dal quotidiano on line messicano “Milenio”, secondo cui il ministero degli Esteri avrebbe richiesto che l’indagine venga trasferita dalla Procura di Oaxaca alla Procura generale della Repubblica, non è ancora stata confermata. Certo è che la fiducia nella trasparenza delle autorità locali non abbonda. Il modo nebuloso in cui vengono diffuse (o meglio, non vengono diffuse) le informazioni sulle indagini suscita forti dubbi anche in Messico. Ieri, dal sito d’informazioni online E-Oaxaca, il giornalista Pablo Ramírez Puga ha posto una domanda che la Procura locale non potrà permettersi di aggirare a lungo: «Perché nascondere informazioni?».

«Senza dubbio - scrive il giornalista - il procuratore Manuel de Jesús López y López continua a dare l’impressione di essere il più ottuso tra tutti quelli che hanno ricoperto quest’incarico in Oaxaca». Ramírez Puga prosegue accusando il procuratore di fare «come lo struzzo che nasconde la testa in un buco».

«Oggi è reso noto all’opinione pubblica locale e internazionale», scrive il giornalista, «l’assassinio di un cittadino italiano, cuoco di mestiere, di nome Alex Bertoli, che è stato trovato torturato e bruciato nei pressi della spiaggia di Mazunte sulla costa di Oaxaca, probabilmente a opera della criminalità organizzata».

«Come nascondere una simile informazione?», si chiede Ramírez Puga: «Se la sua decisione (del procuratore ndr) segue un ordine superiore, non ci si può non chiedere “in che mani è la giustizia in Oaxaca?”. Perché se invece si è trattato di una autentica omissione, con essa il procuratore sta dimostrando la sua debole professionalità e l’incapacità di portare avanti un incarico che richiede trasparenza, abilità e sicurezza per non confondere la popolazione e per far sì che questa si mantenga sempre allerta per prevenire o evitare altri problemi. Fino a questo momento nascondere la notizia non è servito a nulla; tutto il mondo si è reso conto del clima di insicurezza che permea Oaxaca. Si è solo contribuito al discredito di questo governo».

Certo è che la Procura dello Oaxaca non sta facendo molto per cambiare quest’immagine. Ancora non è chiaro, ad esempio, come sia possibile che il cadavere sia stato trovato sabato 5 maggio (Alex era scomparso il giorno precedente) ma che la moglie di Alex sia stata avvertita soltanto nel pomeriggio della domenica. Così come non è chiaro chi abbia identificato per primo il corpo di Alex: ufficialmente è stata Pamela, appena il giorno successivo.

Ancora, com’è possibile che le autorità messicane non abbiano ancora commentato il probabile collegamento fra la morte di Alex e uno dei più importanti cartelli del narcotraffico messicano, il Cártel del Golfo? In fondo si tratta di un’informazione data pressoché per assodata in Messico, confermata anche da fonti diplomatiche.

Infine, qual è il ruolo che la polizia ha ritagliato alla moglie di Alex, Pamela Codardini? Ufficialmente è sotto protezione come testimone. Ma quando e come potrà tornare in patria? Ieri, dopo giorni di silenzio, Pamela è tornata a farsi viva sul suo profilo Facebook: «Quien no sabe no tiene que hablar», ha scritto. Chi non sa non deve parlare.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo