Le 17 farmacie storiche di Trieste che resistono al tempo

Dagli antidoti con vipera e oppio al ricostituente di Svevo: le farmacie rappresentano il 23% dei negozi antichi. Una presenza numerosa per un piccolo territorio come quello triestino che affonda nei secoli

Zeno Saracino
Mobili in stile Moresco, pavimento in cementina nelle storiche farmacie triestine (foto Lasorte)
Mobili in stile Moresco, pavimento in cementina nelle storiche farmacie triestine (foto Lasorte)

La presenza delle farmacie a Trieste – insolitamente numerose per una città di simili dimensioni – è attestata già in epoca tardo medievale, quando gli Statuti del 1365 stabilivano quali case comunali riservare agli “apothecarii” e agli “speziali”. Federico III d’Austria e il suo seguito, giunti a Trieste nel 1444, si rifornirono in abbondanza di medicinali e spezie; vi era pertanto una tradizione precedente alle prime, storiche, farmacie settecentesche, connesse all’espansione del porto di Carlo VI e Maria Teresa.

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La spezieria

La farmacia, nel XVIII secolo, era ancora nota come la “spezieria”: un luogo dove i medicamenti venivano non solo distribuiti, ma materialmente prodotti utilizzando bilance e mortai, alambicchi e vasi decorati. La struttura della spezieria, nella sezione dedicata al cliente, non differiva molto dalle farmacie odierne: un banco di legno; una statuetta dedicata a Igea o Esculapio; file su file di vasi di fattura italiana o di bottiglie di cristallo di Boemia dove conservare gli ingredienti per le misture.

Le farmacie a Trieste nel ’700 erano concesse o, a titolo personale, dal Comune; o dietro pagamento allo stato, dopo aver accertato che il futuro farmacista avesse il necessario capitale onde aprire l’attività. Queste ultime potevano poi essere tramandate di padre in figlio ed è il caso di molte farmacie triestine, spesso vere “dinastie” familiari.

Luoghi di società

Ancora ai tempi di Carlo VI, nei primi decenni del Settecento, c’erano in città dodici farmacie; e se ne aggiunsero altre quindici “comperate” con decreto sovrano. Non erano all’epoca ancora luoghi medicali, dove comprare il rimedio e poi allontanarsi; piuttosto le farmacie settecentesche avevano una funzione simile ai caffè: un luogo della socialità dove discutere le ultime novità, i dibattiti politici, le novità letterarie.

La regina dei medicamenti del settecento era allora la “teriaca”: un intruglio di sessanta diversi ingredienti molto in voga nel popolino, sebbene i farmacisti iniziassero a dubitare della sua efficacia. “L’antidoto glorioso in ogni loco”, come recitavano le canzoni popolari, includeva infatti carne di vipera e oppio. Trieste produceva ampie quantità di teriaca veneziana, contraffacendo le ricette e appioppando marchi altrui sui propri prodotti.

I negozi più antichi

Oggigiorno le farmacie di Trieste non solo costituiscono, con 17 esercizi, il 23% dei locali storici di Trieste, ma tutt’oggi risultano tra i più antichi. Il primato spetta “All’Aquila Imperiale”, in via di Tor San Piero, risalente al 1630: in origine era invece collocata dietro il Municipio, in contrada Riborgo. La farmacia conserva ancora il bel ritratto del primo proprietario Felice Rondolini: il trasloco a Roiano risale infatti agli anni Venti, quando cambiò nome in Codermaz. Il ritorno alle origini avvenne nel 1970, ad opera della famiglia Bulfon; non è certo una rara denominazione negli ex territori asburgici, considerando come a Budapest proprio il Museo-Farmacia locale si chiami “All’Aquila d’Oro”.

Zona piazza Unità

Rimanendo in piazza Unità impossibile non menzionare la farmacia “Ai Due Mori”, risalente al 1750. La farmacia è caratteristica, perché appare come parte integrante del Municipio, risalente però al 1875. Lo storico Sergio Zilli scriveva che, nel 1796, fu acquistata dal carbonaro Antonio Zampieri che la utilizzava quale copertura per le proprie attività cospirative.

Sempre in contrada Riborgo era presente la farmacia “Alla Fontana Imperiale”, gestita da Giuseppe Napoli; cambiò poi nome in “All’Igea”, passò di proprietà alla Lega Nazionale e infine alla famiglia Godina. Oggigiorno, rispolverato l’asburgico nome, è presente in via Piccardi. Si colloca adiacente la Farmacia “Al Corso”, risalente al 1801; gli interni hanno conservato un assetto quasi museale, con l’atto di apertura sotto vetro, l’insegna nera con caratteri dorati, diverse farmacopee e, in esposizione, una “Aspirina Bayer” del 1898 grondante ghirigori art nouveau.

Il quartiere teresiano

Spostandosi nel quartiere teresiano, presso il Canal Grande, c’è tutt’oggi la Farmacia “All’Orso Nero”, risalente al 1806: divenne famosa, perché uno dei proprietari fu Bartolomeo Biasoletto che, dal 1817, la trasformò in “un luogo di riferimento e di raduno per molti studiosi d’Oltralpe che trovano in lui un’infaticabile guida” (cit. Marchesetti). Le necessità di erbe per la spezieria e gli studi di botanica che teneva per gli studenti obbligarono Biasoletto alla gestione di un giardino farmaceutico, progenitore dell’Orto Botanico.

 

Sempre nella stessa zona, in piazza Ponterosso, c’era nel 1756 la farmacia Alla Madonna, gestita da Giuseppe Fabris. Oggigiorno la spezieria opera in Largo Piave 2.

Spostandosi in piazza Goldoni incontriamo, tra le farmacie storiche, “All’Angelo”; mentre nel vicino Viale XX Settembre c’è ancora “Al Cammello”; altrettanto storica è infine la farmacia “Alla Testa d’Oro”, tutt’oggi presente in via Mazzini.

Fuori dal centro storico

Spostandosi al di fuori del centro storico e in tempi più recenti, la farmacia “Alla Croce Verde” risale al 1924, presente come allora in via Settefontane 39; mentre la farmacia storica “Alla Madonna della Salute”, oggigiorno “Alla Salute” in via Giulia, fu diretta durante la Seconda guerra mondiale da Sergio Patuna, poi a propria volta fondatore nel 1975 dell’omonima Farmacia a San Giacomo.

Non è raro che le farmacie di Trieste siano collocate agli angoli della città, ma il concetto viene portato al suo limite nel caso della farmacia “Al Cedro”, presente nella Casa Czorzy (1838). Il palazzo presenta infatti un angolo curvo simile a piazza della Valle o alla Rotonda Pancera; e proprio qui si colloca la farmacia, risalente al 1924, ma preceduta da un’analoga spezieria che al Cedro aggiungeva l’aggettivo “imperiale”.

Il ricostituente di Svevo

Tuttavia, dirigendo i propri passi verso piazza Cavana, s’incontrano le due farmacie storiche di maggior spicco: la Farmacia al Redentore e, in piazza Venezia, la Farmacia S. Andrea.

Nel primo caso la farmacia, risalente al 1805, fu gestita dal 1848 dal Cav. Jacopo Serravallo e dal 1890 inaugurata nella sede odierna: la sua fama risale a Italo Svevo, perché era qui che lo scrittore acquistava il “Vino di China Serravallo”, un potentissimo ricostituente.

La Farmacia S. Andrea era invece un tempo un magazzino utilizzato dai mercanti, riadattato nel 1856 a Farmacia e Laboratorio: il locale conserva ancora gli interni di legno realizzati dagli stessi artigiani impegnati, negli stessi anni, nel Castello di Miramare. Uno scrigno farmacologico, racchiuso tra pesanti mobili ottocenteschi e spunti art déco conferiti dalle bottiglie di vetro all’uranio. —

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