False griffe da bruciare, 3 indagati

Nei guai i dipendenti dell’Acegas che riciclavano gli abiti sequestrati: dovevano buttarli nell’inceneritore
Di Corrado Barbacini

Sono stati smascherati quando hanno esagerato. Maglie, scarpe, jeans tutti griffati. Luis Vuitton, Gucci, Burberry, Nike, Dolce & Gabbana, Lacoste, Emporio Armani. Tutti capi costosissimi che difficilmente sono compatibili con i redditi di un addetto all’impianto di smaltimento di via Caboto.

Così i finanzieri si sono incuriositi di tanta malcelata ostentazione. E hanno scoperto (assieme agli agenti della polmare) che quei vestiti griffati erano in realtà falsi. Ma soprattutto erano gli stessi modelli di quelli sequestrati negli ultimi tempi. Anzi proprio gli stessi.

Nel guai sono finiti tre addetti dell’impianto di via Caboto dipendenti dell’AcegasAps. Si chiamano Paolo Rivierani, 39 anni, Alessandro Pizzulin, 57 anni ed Egidio Furlani, 47 anni.

Sono accusati dal pm Giorgio Milillo di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati. In pratica il terzetto, secondo gli investigatori, prendeva un rilevante numero di capi dagli stock destinati alla distruzione in quanto contraffatti. In pratica ogni volta che la Finanza sequestrava un container di jeans o di magliette o di scarpe con i nomi dei marchi più prestigiosi (e cari) e il pm ne disponeva la distruzione, i tre - secondo l’accusa - tenevano per loro un buon numero di pezzi contraffatti assolutamente identici a quelli originali. Si parla di ingenti quantitativi che finivano nelle disponibilità dei tre dipendenti dell’AcegasAps. I quali - evidentemente - non erano riusciti a resistere e prima hanno preso qualche maglietta e poi - forse pensando ad amici e parenti - hanno allargato i prelievi. Evitando - visto che erano soli all’impianto di termovalorizzazione - di bruciare i capi. Per questo motivo gli investigatori sospettano - ma al momento non hano avuto riscontri - che Rivierani, Pizzulin e Furlani abbiano anche ceduto magliette, pullover, jeans e scarpe anche a qualche commerciante disonesto. Il quale abbia acquistato le merci per poi metterle sul mercato come fossero vere e proprie griffe.

Il blitz è stato messo a segno l’altro giorno. I militari e gli agenti hanno effettuato una serie di perquisizioni disposte dal pm Milillo trovando un vero e proprio campionario di griffe contraffatte. Ma il fatto singolare è che i tre addetti al termovalorizzatore di via Caboto praticamente risultavano lavorare proprio nella distruzione dei vestiti che venivano bruciati.

Solo che nei mesi scorsi hanno ceduto alla vanità Si sono presi dei capi e li hanno indossati al lavoro e anche in porto. Un’imprudenza che è costata cara. Perché ha provocato la curiosità degli stessi finanzieri. I quali poi hanno scoperto non solo che tutto era contraffatto ma anche che quei vestiti erano proprio quelli sequestrati tempo prima e che - per ordine dell’autorità giudiziaria - dovevano essere distrutti.

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