Falesie vietate: si ribella il popolo delle canoe

DUINO AURISINA. Le immagini delle Falesie, per usare le parole di Emilio Rigatti «quell’incredibile, spigolosa massa di pietra sputata fuori dal mare», hanno invaso web e riviste specializzate, rendendo Duino Aurisina un Comune da cartolina, idilliaca meta di viaggio dove l’asperità del Carso si scioglie come zucchero tra le onde. Ma tu prova a dire a un duinate, discendente dei primi abitanti del paese, che per tutelare la fertilità del falco pellegrino quei candidi strapiombi di roccia diventano off-limits a nuotatori locali e amanti della pagaia e si scatena l’inferno. Lo sta provando sulla propria pelle la giunta Kukanja, cui pur va riconosciuta la titanica impresa di voler finalmente consegnare un regolamento alla Riserva regionale delle Falesie. Per inciso, una svolta agognata dal lontano '96.
Come se non bastassero gli strali dell'opposizione e le proteste di sportivi, kayakers e semplici nuotatori della domenica, l'esecutivo si trova bersagliato anche dal fuoco “amico” della Comunella di Duino, capeggiata da Vladimiro Mervic (a suo tempo candidato con la Lista Kukanja alle amministrative 2012), che ha lanciato lo scorso fine settimana una petizione di protesta. Firme pervenute? Oltre 200 solo in paese. Non contraria alla riserva, la proprietà collettiva contesta tre punti del regolamento, avviato verso l'ultima fase dell’iter approvativo: quello «che proibisce a chiunque di nuotare entro i 60 metri dalla costa; poi quello, che nella stessa fascia, proibisce a imbarcazioni a remi, canoe e kayak di entrarvi; e infine la norma che “discrimina” i turisti desiderosi di ancorarsi al largo delle Falesie coi loro natanti».
Di ieri la notizia che Rinaldo Stradi ha avviato come privato cittadino analoga petizione al Villaggio (una trentina di firme raccolte). La protesta ha percorso il palazzo fino al secondo piano, dove l'assessore al Turismo, Andrej Cunja, per ora si mantiene ufficialmente abbottonato, spiegando di voler prima confrontarsi con la giunta: in seguito uscirà un comunicato. Ma a taccuini chiusi ribatte che bisogna capire «cosa si vuol fare da grande». Insomma, se si persegue l’istituzione di una riserva naturale (e sul punto tutti paiono d’accordo), allora ci si piglia anche le fisiologiche limitazioni per preservare la riproduzione, tra gli altri, del mitico falco. Altrimenti si fa altro.
Fin qui, l'anticipazione del Cunja-pensiero. Gli sportivi, dunque. A mobilitarsi per prima la 53enne triestina Paola Bruni, presidente dell'associazione Kayak d'amare, con sede nazionale in Sicilia. Da trent’anni frequenta le Falesie: «Che tu esca da Duino, dal Villaggio o dal Cedas - dice -, passi sempre per di lì, perché è il tratto più bello e certamente il più fotografato. Francamente queste restrizioni paiono incomprensibili perché stridono con la filosofia abbracciata dagli amanti della pagaia e dalle regole adottate in altre riserve, per esempio quella dello Zingaro o del Monte Cofano, dove si può tranquillamente andare in kayak. Idem per le Eolie e le Incoronate, che personalmente ho percorso con la mia imbarcazione».
«Canoisti e kayakers sono per eccellenza amanti della natura - prosegue - impiegano mezzi a propulsione umana, non inquinano o fanno rumore e spesso promuovono le raccolte di rifiuti sulle spiagge. I nostri sono strumenti che impattano pochissimo sott'acqua e per questo si spingono a lambire le rocce. Sono silenziosissimi». «Il provvedimento che si vuole adottare sembra un po' una cattiveria - conclude Bruni che già su Facebook aveva avviato più di un anno fa una prima petizione -: vietare l'arrampicata perché può arrecare disturbo alla nidificazione è logico, ma la pagaia che fastidio dà? Andare sotto costa ti fa invece apprezzare il valore della natura, amare il mare e le sue acque limpide».
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