«Falesie, Natura speciale che tutti devono tutelare»

Perco (Riserva): con un minimo sacrificio per canoisti e nuotatori si consentirà una maggiore presenza di uccelli e altre specie marine, dai delfini alle tartarughe
Due esemplari di edrerdone
Due esemplari di edrerdone

Ma come fanno i canoisti e i nuotatori a restare fermi lì, attaccati all'idea di difendere il diritto di pagaiare o allungarsi in bracciate sotto la roccia a strapiombo delle Falesie, quando di spazio per praticare quegli sport se ne può trovare altrove, distante da questa riserva minuscola e bellissima che invece andrebbe avviata il prima possibile per preservare fauna e ambienti? Fabio Perco ha la passione di chi ha dedicato una vita a osservare ali librarsi nell'azzurro. E per questo si accalora, spiegando che no, non è possibile spezzare quell'unità d'intenti a grande fatica trovata per “recintare” e istituire questa piccola area protetta, ovunque circondata dall'uomo e dalle sue attività.

Zoologo naturalista, esperto in progettazione e gestione di siti tutelati, oggi direttore della riserva delle Falesie e della stazione biologica dell'Isola della Cona, per inciso anche canoista, Perco è convinto che tutto questo polverone sollevato sul nuovo regolamento delle Falesie rasenti il paradosso, perché dopotutto «si parla di 30 metri in più da vietare all'accesso, dalla costa, rispetto a quelli già vietati per ragioni di sicurezza dalla Capitaneria di porto» e che «forse molti canoisti ignorano. Tutto il resto nello specchio d'acqua della riserva – aggiunge - escludendo le barche a motore, verrebbe destinato agli "appassionati di natura"».

Un marangone dal ciuffo mediorientale
Un marangone dal ciuffo mediorientale

Premettendo che l'istituzione della riserva risale al 1996 ed è «giustificata da una serie di ragioni storiche, paesaggistiche e naturalistiche, ratificate con legge regionale 42 di quell’anno», ed è inoltre «riconosciuta di speciale interesse comunitario ai sensi delle direttive europee Habitat e Uccelli», l'area protetta «racchiude l’unica zona con alte pareti rocciose a picco sul mare del nord-Adriatico italiano: un ambiente di falesia del tutto peculiare, anche perché il più settentrionale del Mediterraneo». «Ospita – prosegue Perco - flora e fauna che necessitano della massima tutela. Dunque applicare su almeno una parte di un’area così piccola, ma tanto rilevante, misure speciali di conservazione appare obbligatorio.

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La riserva possiede infatti dimensioni molto ridotte: è un quadrato di un chilometro circa di lato, che esclude da vincoli particolari il castello, la spiaggetta sottostante e varie aree rocciose frequentate dagli sportivi, per una lunghezza, lungo la costa, di mille metri appena. Qui – afferma Perco - è già in vigore il divieto di navigazione imposto dalla Capitaneria a meno di 30 metri dalla sponda, per ragioni di sicurezza. Si discute pertanto di soli altri 30 metri (60 in tutto, ndr) da interdire all’accesso e del rimanente specchio d’acqua incluso nella riserva, dove canoisti e nuotatori potranno invece godere dell’assenza di barche a motore».

Ma perché queste limitazioni sono strategiche? «La finalità è, tra l’altro, di consentire una maggiore presenza di specie di uccelli – spiega Perco - alcune delle quali già ora nidificano o potrebbero farlo; altre sono migranti o svernanti».

Tra quelle che depongono qui e risultano sensibili al disturbo umano Perco cita falcone pellegrino, gheppio, colombo selvatico, passero solitario e corvo imperiale. Tra i nidificanti potenziali marangone dal ciuffo, volpoca, edredone, gufo reale. Infine, tra i migratori e svernanti strolaga mezzana e minore, svassi, smergo minore. Ma «anche altri animali marini – riflette il direttore - frequentano o hanno di recente frequentato l’area protetta. Ad esempio almeno due specie di delfini e le tartarughe marine».

Gli uccelli nidificano in primavera-estate, proprio quando il mare diventa meta prediletta degli sportivi. Il Marangone, per esempio, ama stare sulle “pedocere” e fare nido vicino all'acqua: per questo avvistando un kayak potrebbe volare via e non tornare. Per evitarlo Perco chiede «un minimo sacrificio, così da mantenere un’area di speciale pregio nelle condizioni più prossime, per quanto possibile, a quelle originarie».

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