Ezit vende tre capannoni Ma “risparmia” le case

Incassati altri 670 mila euro dall’asta conclusasi ieri mattina per alcuni immobili in via Ressel. Prudenza sui 65 appartamenti, alcuni sfitti: spunta l’ipotesi Ater
Di Massimo Greco
Lasorte Trieste 14/12/10 - Zona Industriale, Via Ressel, Sede Graphart
Lasorte Trieste 14/12/10 - Zona Industriale, Via Ressel, Sede Graphart

Ezit ha venduto altri tre capannoni e l’incasso di 670 mila euro contribuisce ad alleggerire la situazione gestionale del liquidando ente.

Il commercialista Paolo Marchesi, commissario del sessantatreenne organismo creato dal Governo militare alleato, è fiducioso per due distinte, convergenti ragioni: tra le cessioni finora eseguite e la riscossione di affitti, Ezit ha già “coperto” il 40% dei 9 milioni di fabbisogno finanziario; il discreto andamento delle aste e la buona quotazione degli immobili stanno a indicare una certa vivacità della piccola impresa triestina, quindi è un positivo segnale per l’economia del territorio.

Ieri mattina nella sede di via Caboto, con atti distinti susseguitisi tra le 10 e le 12, il notaio Camillo Giordano ha curato l’aggiudicazione delle tre unità, più o meno allo stesso prezzo (tra i 220 mila e i 226 mila euro), che fanno parte del cosiddetto “villaggio Ezit 2” situato in via Ressel. Una struttura è andata a Unimar srl (nautica, equipaggiamenti), una a “La Fornitrice” (forniture navali e industriali), una a Buridano srl (indotto edile): erano le tre uniche offerenti.

«La piccola impresa - insiste Marchesi - ha voglia di reagire alla crisi. E tante piccole aziende, che non mollano, alla fine riescono a tessere una rete di attività che non va sottovalutata, che dà lavoro e fa girare denaro». Tra venduto e cauzionato (quindi di fatto già venduto, fatta salva un’offerta maggiore), nelle casse Ezit sono affluite/affluiranno 3,5 milioni: adesso ci sono altre sei manifestazioni di interesse da mettere all’asta, per un totale di un milione.

Dopo questa tornata, che ha visto alla ribalta immobili destinabili a imprese di piccola taglia, Marchesi, insieme al direttore Francesco Forte, si attende le risposte più ambiziose, quelle che riguardano gli insediamenti maggiori: l’ex Olcese (tessile), l’ex Duke (alimentare), l’ex Graphart (grafica). Tante “ex” a ricordare purtroppo alcune vittime delle periodiche difficoltà sofferte dall’industria triestina. Si tratta di asset di più ardua collocazione, che implicano investimenti importanti. A Marchesi sono giunti alcuni interessamenti, ma ancora niente che possa prefigurare destinazioni certe. Comunque il commissario non è pessimista: finora la pesca è andata bene, siamo solo a fine agosto, il mandato dura fino a novembre, salvo non improbabili proroghe.

Nel quadro del vasto panorama immobiliare dell’ente, c’è una partita, dai delicati aspetti sociali, che Marchesi tiene accuratamente per ultima: riguarda gli appartamenti di cui Ezit è proprietario. Si tratta di 65 enti, una quindicina dei quali sfitti: si trovano in via Grego, in via Forti, in via Rosani, in via Benussi. Siamo tra Borgo San Sergio e Valmaura. Non sono state assunte decisioni dalla gestione commissariale, che spera di risolvere le pendenze finanziarie senza ricorrere alla parte immobiliare residenziale, tant’è che non si è ancora provveduto alle perizie, dunque non c’è una stima attendibile del valore. Ma sono appartamenti piuttosto datati e spesso abitati da inquilini anziani. E qui il Marchesi-pensiero arresta prudentemente i motori. Secondo fonti istituzionali, una possibile soluzione potrebbe ravvisarsi nel passaggio del patrimonio residenziale dell’Ezit all’Ater, per naturale competenza. Ma il percorso è tutto da costruire e comunque al momento il commissario non ritiene il capitolo-casa una priorità.

I riflettori della politica cominciano ad inquadrare le ipotesi riorganizzative del dopo-Ezit, una volta che il programma di risanamento gestionale e fiscale (quest’ultimo dossier alleggerito a 4,5 milioni) venga realizzato. L’ultimo a esprimersi è stato il vicepresidente della Regione Fvg Sergio Bolzonello, secondo il quale un forte coinvolgimento dell’Autorità portuale, meglio se maggioritario, sarebbe l’esito più logico per amministrare le aree industriali, che tra l’altro sono contigue alle zone costiere già in possesso dell’Ap.

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