Ezio Mauro: «Siamo a un passo da una crisi di democrazia»
TRIESTE. In un mondo capovolto dove la modernità torna a un primordiale confronto-scontro fra cittadini e «dannati della terra», dove mentre i giovani vivono in una realtà globale senza confini si alzano altri muri e barriere di filo spinato e dove a fronte di una geografia virtuale egemonica ne abitiamo una tradizionale e concreta ma priva ormai di «potestà affettiva», siamo a un passo da una crisi della democrazia, mentre la sinistra fatica sempre più a trovare e dare risposte a un dramma biblico come quello dei migranti.
Di questo, e di altro, parlerà oggi, alle 17.30, al Salone degli Incanti, Ezio Mauro, scrittore, editorialista, già direttore di “Repubblica”, nell’incontro di apertura della rassegna “Ad alta voce”, dedicato a “Barriere o ponti? L’Europa di fronte alle migrazioni”.
All’incontro, dopo i saluti del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza e l’intervento della presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, parteciperanno Marina Calculli, il direttore de “Il Piccolo” Enzo D’Antona e il presidente di Coop Alleanza 3.0, Adriano Turrini.
Sul tappeto i temi caldi legati all’idea dei nuovi “Confini”, fra migrazioni, identità in bilico, vecchie e nuove paure.
E di fronte a queste paure i messaggi che inneggiano a soluzioni radicali e immediate come muri e fili spinati sembrano arrivare in maniera più efficace e diretta ai cittadini .
Succede perché di fronte alle tre grandi paure come l’immigrazione, il terrorismo e la crisi del lavoro chi risponde con un messaggio basato solo sulla difesa ha un ascolto più immediato, e non ci si rende conto che muri e fili spinati sono inutili e danneggiano prima di tutto noi stessi.
Però certe paure hanno basi concrete.
Il problema è un altro, ed è che di fronte a immigrazione, terrorismo e crisi economica si ha la sensazione di vivere in un mondo totalmente fuori controllo, dove gli strumenti tradizionali della democrazia non funzionano più e soprattutto non hanno incidenza sulla vita materiale delle perone. La democrazia materiale si sta scollando dalla democrazia dei principi. Siamo a un passo dal punto in cui le persone cominceranno a dire che questa democrazia non serve più, non ha a che fare con la nostra vita. È vero che la democrazia ha sempre scontato disuguaglianze al suo interno, ma le compensava con un processo di crescita collettiva in cui chi aveva merito poteva farsi spazio. Oggi invece la disuguaglianza sta diventando esclusione. E se la democrazia può anche sopportare la disuguaglianza, non può tollerare l'esclusione. La democrazia o vale per tutti o fallisce. Siamo davvero a un passo da un problema di crisi democratica.
Uno scenario dove chi offre soluzioni radicali ha buon gioco.
È per questo che i populismi arrivano meglio alle persone, perché sono contro gli istituti democratici, contro le istituzioni, che considerano marce.
Però la sinistra fatica a dare risposte convincenti.
Inutile ripetere che gli immigrati sono solo il due per cento della popolazione europea e quindi non c’è da preoccuparsi, di fronte all'irrazionalità dell'inquietudine bisogna fermarsi un attimo e guardare.
Quindi cosa manca?
Manca la convinzione profonda che il mestiere della sinistra, o meglio il mestiere di una sinistra responsabile, deve da un lato considerare l'inquietudine vissuta da parte dei più deboli della società, che proprio perché deboli hanno bisogno di essere tutelati, e nello stesso tempo deve capire che la rassicurazione può essere coniugata con i doveri di solidarietà, che fanno parte della tradizione cristiana e della politica del welfare del nostro paese.
Ed è così difficile da realizzare?
La sinistra non lo fa per due ragioni. La prima è che considera il problema pericolo-migranti in gran parte fantasmatico, ed è vero, perché viene ingigantito e trasformato in emergenza dagli imprenditori della paura. Inoltre la sinistra dice che non è questo il problema principale, c'è altro da fare, a cominciare dal lavoro. Però sempre la sinistra non si rende conto che è un pezzo del suo mondo che chiede tutela, anzi del suo ex mondo. L’altra ragione è che la sinistra non crede che sicurezza e solidarietà possano essere coniugate, perché non crede più in parole come solidarietà e uguaglianza. Da quanto tempo non si sente un leader di sinistra pronunciare parole come uguaglianza? La sinistra non crede più nel suo vocabolario.
I giovani cosa possono fare?
I giovani sono fuori dall’ossessione di chi ha paura di tutto ciò che si muove, e vorrebbe chiudere il mondo in blocchi tra loro separati. Mi sembra un generazione meno spaventata, a cui noi lasciamo però un mondo molto più insicuro di quello che i nostri genitori hanno lasciato a noi. I ragazzi di oggi dovranno inventarsi una nuova governance del mondo, e una nuova idea di democrazia. Sarà una sfida epocale.
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