Ex Punta Spin e Laguna Palace: quattro indagati per bancarotta

Nel mirino della Procura marito e moglie, già amministratori delle due società, più due familiari. L’accusa: tasse non versate e capitali portati in “paradisi fiscali”

GRADO Dopo il fallimento le accuse per bancarotta fraudolenta patrimoniale, societaria e false comunicazioni sociali. Si riaccendono i fari sugli ex amministratori e legali rappresentanti del Residence Punta Spin e la Gar srl (la prima società gestiva il noto camping e l’altra il Laguna Palace, entrambi siti tornati a nuova vita dopo la vendita dal fallimento), Virgilio Penna, Annamaria Bortolin (rispettivamente marito e moglie) e alcuni familiari. La procura di Gorizia infatti (pm Laura Collini e Paolo Ancora), ha concluso una complessa indagine che vede indagati gli ex amministratori delle due società nonchè «a titolo di concorso» altre due persone «legate da rapporto di parentela» agli ex amministratori.

Il fallimento è stato chiuso il 14 dicembre 2016, in tempo record e in maniera esemplare (gli immobili sono stati rivenduti a prezzi di mercato) con una sentenza del Tribunale fallimentare di Gorizia, ma le indagini sono proseguite anche dopo. E stando alle accuse della Finanza sarebbe stato accertato che gli amministratori avrebbero distratto «dal patrimonio aziendale ingenti somme, anche attraverso trasferimenti finanziari effettuati su conti correnti esteri, per complessivi 3 milioni 300 mila euro rendendosi responsabili dei reati di bancarotta fraudolenta e false comunicazioni

La vicenda, spiega in una nota la Guardia di Finanza, ha origine da indagini svolte sin dal 2015 dal nucleo di Polizia economico finanziaria di Gorizia durante le quali sono state fatte diverse perquisizioni con il sequestro di «copiosa documentazione amministrativo-contabile e documentazione bancaria presso istituti di credito».

Indagini che, secondo l’accusa, avrebbero permesso di accertare «numerose violazioni amministrative e penali a carico delle due citate imprese come pure nei confronti di altre due società, di cui una con sede a Panama, tutte riconducibili ai richiamati imprenditori gradesi».

Nel corso delle operazioni è emerso, in particolare, che uno degli indagati avrebbe costituito e utilizzato società e gruppi societari a struttura piramidale, per lo più situate nei cosiddetti “paradisi fiscali” (Panama, Antigua, Liechtenstein e Isole Vergini Britanniche), con il fine di «occultare e gestire rilevanti patrimoni sottratti alla tassazione nello stato Italiano» e aveva, altresì, fatto ricorso a società fiduciarie, di gestione e “trust” siti in Italia e all’estero, al fine di garantirsi l’anonimato nella detenzione delle relative quote azionarie. Tutto questo avvalendosi per lo più di risorse finanziarie depositate in conti correnti esteri.

Le attività hanno riguardato anche l’esecuzione di quattro verifiche fiscali, nei confronti dei soggetti economici indagati (tre di diritto italiano ed uno di diritto panamense), che hanno permesso di accertare numerose violazioni all’Iva ed alle imposte dirette e l’omesso versamento di circa 2 milioni e 361 mila euro.

Per garantire ulteriormente i creditori (tra cui l’erario) il giudice per le indagini preliminati del Tribunale di Gorizia ha disposto il sequestro preventivo (che è stato eseguito nei giorni scorsi dai finanzieri), finalizzato alla confisca di un immobile con alcune pertinenze che si trova in Alto Adige, a Merano, del valore di circa 200 mila euro, che gli amministratori falliti avrebbero «artificiosamente distratto dal patrimonio aziendale, attraverso una simulata vendita a familiari compiacenti». Anche i parenti sono stati denunciati dall’Autorità giudiziaria.

È un’altra pesante pagina giudiziaria che si apre su una vicenda che ha tenuto Grado con il fiato sospeso visto che ha coinvolto due strutture di primo piano come il Laguna Palace e il popolare campeggio Punta Spin attivo dal 1973. E che sicuramente grazie alla notorietà e il valore “turistico” sono state mantenute in vita e rimesse sul mercato in tempi record dal curatore fallimentare, avvocato Massimo Simeon di Trieste.

Dopo la dichiarazione del fallimento, infatti, il Tribunale aveva disposto l’esercizio provvisorio di impresa. Una mossa che ha facilitato poi la vendita a prezzo pieno delle due strutture, voluta da una parte per evitare il “deperimento dei beni” e dall’altra per non mandare a casa una cinquantina di dipendenti assunti con contratto e tempo determinato (senza tener conto degli stagionali) che sarebbero finiti sulla strada.

Un duro colpo per l’immagine del comparto turistico dell’Isola considerato poi che era seguito all’oscuro episodio dell’incendio del camping Punta Spin che era stato avvolto dalle fiamme in una notte del fine settimana con pesanti danni stimati allora attorno ai 200 mila euro. —


 

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