Ex ospedale e ala degradata «L’Asugi pensi al riutilizzo»

Nella struttura il distretto sanitario e la Capitaneria ma una parte resta interdetta Il Comitato per la difesa del nosocomio di Grado chiede di creare nuovi posti letto

Antonio Boemo / GRADO

Sta andando sempre più in rovina una parte del glorioso ospedale civile di Grado. Un edificio che è stato chiuso in diverse fasi a iniziare dal 1984 (chiuso il reparto maternità), poi nel 1985 (chirurgia), e infine medicina e pronto soccorso. A nulla erano valse allora le proteste, le 16.000 firme raccolte dai comitati per la salvaguardia degli ospedali di Grado e di Cormons e i due referendum locali e regionali. Alla chiusura definitiva erano state sottoscritte diversi accordi ma alla fine è rimasto solo un edificio che l’Azienda sanitaria aveva diviso in due parti con in mezzo una strada: da una parte ha trovato posto l’attuale distretto sanitario, dall’altra la sede dell’Ufficio Circondariale Marittimo. Ma di quest’ultima una fetta maggioritaria è abbandonata a se stessa.

In un primo tempo sembrava dovesse entrare la Guardia di Finanza ma proprio in quegli anni venne soppressa la tenenza di Grado. Fatto sta che si sono dovute tamponare le aperture, capaci di consentire l’ingresso di colombi e anche di altri animali con quel che consegue... Alcuni anni fa c’era stata la proposta che l’Azienda sanitaria trovasse un accordo con l’ente che si occupa delle case popolari per ricavarne degli appartamenti ma nulla si è mosso. Ora, però, davanti all’emergenza sanitaria quella struttura potrebbe tornare utile. Non a caso alcuni referenti dell’allora comitato per la difesa dell’ospedale civile di Grado, assieme a simpatizzanti, in documento firmato da Tullio Svettini e Giorgio Marin ricordano come oggi, con la forte pressione su tutte le strutture ospedaliere, non solo regionali, si è molto vicini al collasso del servizio sanitario, anche per la dismissione e la soppressione dei tanti ospedali minori, come quello gradese. «Bisogna ricordarsi – affermano – che ormai non trovano più posto in ospedale, anche gli ammalati che necessitano di ricovero per altre patologie . Stiamo scontando quindi, una politica sanitaria di privazione e di impoverimento sia regionale che nazionale».

Ecco qui lo spiraglio per il recupero di un’ala abbandonata. I firmatari chiedono di riattivare quegli spazi per l’accoglienza dei malati che non trovano risposta alle loro improrogabili condizioni di salute, copiando quanto sta avvenendo nel Veneto, che ha riattivato ospedali da tempo chiusi come a Valdobbiadene, Monselice, Noale e altri ancora. In merito alla parte dell’edificio chiusa di via Marchesini Marin e Svettini ricordano «che il nostro vecchio ospedale, era dotato di ben 155 posti letto; per cui ora, l’ala dismessa e abbandonata, se adeguatamente ristrutturata, potrebbe benissimo rappresentare un valido aiuto alla crisi in cui è precipitata la sanità non solo del nostro mandamento, con una dotazione di un numero adeguato di posti letto e con annesso pronto soccorso, considerando anche il fatto che questa soluzione era già stata prevista nell’accordo di programma regionale con l’Usl isontina di allora che istituiva posti letto per la medicina riabilitativa». Il riassetto dell’edificio, di proprietà dell’Azienda sanitaria, deve però passare prima per una riqualificazione... —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo