Ex Manifattura tabacchi Trieste “convertita” all’ingrosso
C’è più d’un privato (l’ultimo di Treviso, di più per ora non è dato sapere) che bussa per l’ex area Olcese di via Flavia. C’è un ente pubblico (l’Ezit) che studia a questo punto come dirottare il gruzzolo previsto a suo tempo dalla Regione per investimenti in infrastrutture (sei milioni e 700mila euro) proprio dall’ex Olcese verso l’ex Manifattura tabacchi di via Malaspina, a due passi dal Canale navigabile. C’è poi un incubatore d’imprese hi-tech (il Bic, insediato oggi a fianco della stessa ex Olcese) che punta a ingrandirsi (anche con fondi statali destinati a nuove imprese in arrivo) e che potrebbe lasciare il suo quartier generale al privato per prendersi un pezzo dell’ ex Manifattura. E c’è infine un Comune (quello di Trieste) che potrebbe traslocare e concentrare proprio all’ex Manifattura i mercati ortofrutticolo e ittico di Campo Marzio e Scalo legnami, affittando - quindi pagando in spesa corrente anziché in conto capitale, si può presumere - gli spazi per bypassare pure il Patto di stabilità (sempre che all’epoca i suoi vincoli siano ancora così asfissianti).
Un inedito scenario degno del più fine effetto domino si fa strada, insomma, tra le prospettive di riutilizzo di uno dei comprensori immobiliari maggiormente strategici della città. Benché, oggi, deserti. Dopo che a lungo - negli anni scorsi - s’era accostato il suo nome alla possibile nuova sede della Fiera, per l’ex Manifattura tabacchi si profila ora l’eventualità di un futuro come area polivalente, dove potrebbero trovare spazio, al di là delle start-up del Bic, soprattutto i due mercati comunali: ortofrutta e pesce. Per un unico grande centro all’ingrosso ad accessibilità agevolata (da una parte vicino al mare, dall’altra ai piedi della sopraelevata della Gvt) e perciò più appetibile da fuori. Dietro tale ipotesi ci sarebbe in particolare la regia dell’Ezit, che spinge com’è noto - alla faccia del fronte Confcommercio-dettaglianti, che ha impugnato davanti al Tar una delibera con cui l’Ezit stesso ha autorizzato la vendita di un’area Contiauto a una società di Forlì per un supermercato - per la rivitalizzazione con investitori anche “forestieri” degli spazi di sua pertinenza, in buona parte abbandonati dalle aziende sopraffatte dalla crisi. Una delle possibili leve del rilancio sarebbe rappresentata da un investitore trevigiano che nei giorni scorsi ha manifestato il proprio interesse a comprare l’ex Olcese. Andasse in porto l’operazione (serve la benedizione del Comune, si legga qui sotto, ndr) l’Ezit potrebbe pensare seriamente di chiedere alla Regione se i fondi della cosiddetta legge 3 per le infrastrutture in zona industriale (i sei milioni e 700mila euro di cui si diceva) possano essere spostati per analoghi interventi con mano pubblica all’ex Manifattura. Gioiello oramai vuoto di Fintecna - la controllata del Tesoro che gestisce un bel po’ del mattone di Stato e che per più volte ha tentato, invano, l’asta - è un comprensorio enorme: 57mila metri quadrati, di cui quasi 22mila coperti, per sette capannoni. Il valore storico oscillava tra i 20 e i 25 milioni ma adesso - complici il mercato immobiliare ingolfato e gli indirizzi di un Governo che intende puntare forte sulle alienazioni per allentare la pressione fiscale senza tagli insostenibili al sociale - potrebbe costarne 15 o giù di lì.
Una fetta potrebbe metterla proprio il Bic, qualora il privato o i privati che si trovassero nelle condizioni di poter investire sull’ex Olcese (e decidessero di farlo) optassero anche per l’acquisto dell’attuale sede dell’incubatore d’imprese contigua alla stessa ex Olcese. «Potremmo rappresentare un aiuto in un’operazione più ampia - conferma senza tradire la riservatezza delle trattative in corso il presidente del Bic, Lino Vattovani - poiché sembra che la nostra area sia appetibile. C’è interesse sia sull’ex Olcese che sulla Bic. Siccome esistono alcune aziende che potrebbero insediarsi a breve da noi anche grazie a un bando di fondi Invitalia (cinque milioni e 100mila euro per investimenti in materiali su scala nazionale, ma Trieste è in pole per metterli a frutto con altri due incubatori del Nord, ndr), va tenuta in considerazione la possibilità di un eventuale trasferimento in un posto che ci consenta d’avere circa duemila metri quadrati in più». «La Manifattura - si sbilancia Dario Bruni, presidente dell’Ezit - potrebbe rappresentare una buona opportunità di recupero di più zone dismesse, dove elaborazioni d’idee, studi di marketing e start-up tecnologiche potrebbero legarsi, a filiera, a un pezzo di economia reale, come i mercati all’ingrosso». «Siamo in alto mare. Si tratta di un’idea - frena l’assessore allo Sviluppo economico Edi Kraus - su cui non si sono fatti ancora passi, come l’iter di un Accordo di programma ad esempio». «È un’ipotesi, ma ce ne sono altre», taglia corto Roberto Cosolini. Qualcosa si muove, comunque, se è vero che le procedure del bando per le manifestazioni d’interesse per Campo Marzio vanno avanti. E se vanno avanti significa che l’ortofrutticolo alla lunga non resterà dov’è. Come pure quello ittico all’ex Gaslini, e qui invece il Comune è già in affitto, pur spendendo spesso e volentieri per l’adeguamento di banchine e impianti.
@PierRaub
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