«Evitabili i contagi dentro l’Itis? Impossibile isolare tutti quanti»

Il presidente dell’istituto Pahor ammette le criticità emerse nel reparto “Stella Alpina” «Sanificazione non praticabile». Guarita intanto una 84enne ma c’è un nuovo decesso 
Foto BRUNI Trieste 19.04.2020 Emergenza Corona virus: ITIS, via Pascoli
Foto BRUNI Trieste 19.04.2020 Emergenza Corona virus: ITIS, via Pascoli

TRIESTE L’Itis ammette di non aver isolato né fatto evacuare gli anziani non contagiati del reparto “Stella Alpina”, quello in cui nelle scorse settimane si era verificato il primo caso di infezione da coronavirus. Dopo quell’episodio, inoltre, non era scattata alcuna procedura di sanificazione degli ambienti. Lo dichiara il presidente dello storico istituto triestino di via Pascoli, Aldo Pahor. «Non è stato possibile», dice, confermando i timori dei parenti, preoccupati della diffusione del virus nella struttura e dei decessi fin qui registrati. «La Stella Alpina – spiega Pahor – ospita persone affette da demenza, caratterizzate da “wandering”, cioè non stanno ferme. È difficile contenerle». Una criticità, questa, di cui non sono state allertate le autorità sanitarie regionali perché, precisa il presidente, «all’interno dell’Itis già operava il medico dell’Asugi». Gli anziani hanno quindi continuato a muoversi liberamente nei corridoi e nelle stanze, con inevitabili contatti. In queste ore, intanto, la casa di riposo comunica che un’ospite di 84 anni è guarita dal virus. Ma, notizia di ieri sera, è deceduto un altro anziano contagiato.



Pahor, in questo momento all’Itis la situazione com’è gestita?

È gestita dai nostri operatori coadiuvati dai medici dell’Asugi. Stanno facendo molti trasferimenti per cercare di isolare e dividere le residenze tra positivi, sintomatici, asintomatici e negativi.

Ad oggi quanti sono i contagiati?

Sono 43, di cui 4 deceduti (da ieri sera 5, ndr).



E quanti tamponi fatti?

Finora sono stati fatti tamponi su 140 ospiti, alcuni ripetuti più volte, su un totale di 346 persone. È data priorità alle residenze in cui ci sono sintomatici e casi positivi. Su 9 residenze 3 sono contagiate: l’attenzione è puntata lì.

Quanti invece gli operatori contagiati?

Intorno alla trentina, su circa 320. E sono stati fatti finora 262 tamponi. Dal 24 febbraio abbiamo obbligato gli operatori a lavorare solo qui, in modo che non ci sia promiscuità con altre case di riposo, né tra le varie residenze Itis.



Per quanto riguarda la residenza Stella Alpina, dove nelle scorse settimane è avvenuto il primo contagio, i parenti sostengono che non sono state intraprese misure di protezione per gli altri ospiti non contagiati: anziché essere isolati e messi in sicurezza, hanno continuato a circolare nella residenza. Quali sono le misure adottate subito dopo il primo contagio?

La Stella Alpina e il Ciclamino ospitano persone affette da demenza, caratterizzate da “wandering”, cioè non stanno ferme. È difficilissimo contenerle, a meno che non si faccia un contenimento farmacologico, che non è stato usato. Tenga conto che per fare un tampone a queste persone, con cura e attenzione, ci vogliono tre persone. Dobbiamo anche nascondere il disinfettante perché qualcuno lo beve. E si tolgono le mascherine. Ma i positivi sono stati da subito separati.

Sono stati sanificati gli ambienti?

Per sanificare bisogna trasferire tutti. Dove mettiamo 50 persone?

Si può dire che questa situazione ha causato i contagi?

Possiamo dire di sì. Attenzione però che in una residenza in cui non ci sono i “wandering” è successa la stessa cosa.

Visto che l’ambiente era infetto e che gli anziani continuavano ad avere contatti personali, non si poteva chiedere alla Regione (all’Asugi) di trovare una sistemazione per i non contagiati e spostarli?

Questo aspetto non lo abbiamo mai preso in considerazione. Perché per quanto “wandering” siano questi anziani, sono comunque abituati a un luogo e agli operatori. Abbiamo messo davanti a tutto la serenità degli ospiti.

Non era quindi possibile trasferirli?

Se avessimo usato questo metodo avremmo dovuto applicarlo pure al Ciclamino, una delle residenze più contagiate, dove ci sono altri 50 ospiti. Quindi parliamo di 100 persone. Ma abbiamo diviso i positivi e i loro contatti stretti. È stato fatto un grande lavoro. E così per i sintomatici: se qualcuno aveva febbre o tosse, è stato immediatamente isolato in stanza singola. Anche i casi di rientro dall’ospedale sono messi in quarantena.

Si poteva avvisare la Regione di questa situazione particolare alla Stella Alpina e capire come affrontarla, visto che c’era un elevato rischio di contagio?

La Regione è presente qua attraverso l’Asugi, con i suoi medici, da un mese. E questa è stata la procedura più giusta da fare. A posteriori ora si può dire che potevamo fare questo o quell’altro. Ma la dignità di queste persone?

Quindi la decisione di non trasferire i non contagiati è dell’Asugi?

È una decisione medica su cui non entro.

Alcuni parenti lamentano di non aver avuto informazioni precise sulla salute dei loro cari: in due casi non sarebbe stata comunicata l’applicazione dell’ossigeno a due ospiti.

Non lo so. Ma tenga conto che per mettere al corrente i parenti, i nostri assistenti fanno al giorno dalle 100 alle 150 telefonate alle famiglie

Quando avete ricevuto le linee guida dalla Regione?

In più riprese, ma le più complete sono arrivate credo a fine marzo. Erano direttive che già ricalcavano il nostro lavoro.

Al Tg5 è andato in onda un servizio sull’Itis in cui un medico ha affermato che alla residenza “Larice”, riservata ai casi in isolamento, viene anche tenuto «chi non ha senso far morire in ospedale perché lì non riceverebbe lo stesso tipo di assistenza». Quindi c’è una categoria di pazienti, quelli più gravi, che non si tenta di salvare portandoli all’ospedale?

Le parole del medico sono state travisate: le persone gravi vengono portate in ospedale, ci mancherebbe. Qui non è trascurata la vita di una singola persona. Se così non fosse, mi dimetterei subito. L’assistenza a cui faceva riferimento il medico è quella umana. Ma ora vi dò una notizia: abbiamo il primo ospite colpito dal virus che è guarito. Ed è proprio della Stella Alpina. È un segnale di speranza. —


 

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