Evasione fiscale, assolto il negozio “Mirella” di Trieste, ma con una sanzione di 2 milioni
Scontrini non battuti e dichiarazioni false scoperti dalla Finanza. Accordo con l’Agenzia delle entrate

Un’assoluzione con formula piena del reato di evasione fiscale perché sul piano penale «il fatto non sussiste» ma, nel contempo, una sanzione di 2 milioni di euro per lo stesso motivo. Hanno imboccato una doppia strada i guai con il Fisco in cui sono incappati gli amministratori di Mirella srl, il noto negozio di abbigliamento di Corso Cavour 4/B. Un sorta di bazar, in qualche modo un retaggio della Trieste dei “jeansinari” e della Jugoslavia che fu e che continua tutt’ora ad attirare, quotidianamente, non solo clientela da oltreconfine ma anche tantissime triestine.
Le irregolarità riscontrate
Quegli 800 metri quadrati di spazio commerciale, ospitati al piano terra del vecchio magazzino portuale a un passo dal teatro Miela e dalla stazione ferroviaria, sono stati però visitati anche dai finanzieri. Le fiamme gialle, nei loro accertamenti, avevano riscontrato scontrini non battuti, oltre che fatture e dichiarazioni dei redditi ritenute irregolari.

Il fascicolo
La Procura di Trieste aveva aperto un fascicolo di indagine, affidato al pubblico ministero Matteo Tripani, cui aveva fatto seguito l’emissione da parte dei gup Luigi Dainotti di un decreto di giudizio a carico della settantaduenne croata Mira Markezic (amministratrice della società Mirella srl dal 31 ottobre 2017) e del quarantaduenne triestino Andrea Zamarin (amministratore dal 30 luglio 2014 al 31 ottobre 2017) con parte offesa l’Agenzia delle entrate (direzione provinciale di Trieste)
A Mira Markezic è stata contestata un’evasione dell’Ires di 178.056,86 nel 2017 e di 176.114,96 nel 2018. E, per quanto riguarda l’Iva, di 433.314,43 nel 2017 e 428.588,66 nel 2018.
Così Zamarin: un’evasione di Ires di 58.209,48 nel 2014, di 193.739,43 nel 2015 e di 201.919,31 nel 2016. L’Iva non pagata, invece, stando alle verifiche ammontava a 123.627,95 nel 2014, a 411.472,66 nel 2015 e 429.211,55 nel 2016.
Più precisamente, questa l’accusa, i due imputati nella loro qualità di amministratori della società “Mirella srl” (nei diversi periodi considerati dalle indagini) e di sottoscrittori delle relative dichiarazioni fiscali, «al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto», indicavano nelle dichiarazioni annuali riferite agli esercizi presi in esame, «elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo». Questo, in buona sostanza, omettendo redditi da ricavi di vendite relativi a merce non contabilizzata. Così nei rispettivi capi di imputazione oggetto del procedimento giudiziario.
La difesa
Ma l’avvocato Giuseppe Campeis del Foro di Udine, al quale si sono affidati i due imputati, nel corso del processo sulla base di calcoli effettivi ha dimostrato che le cifre evase erano inferiori rispetto a quanto rilevato nelle informative della Finanza e negli accertamenti del consulente tecnico ingaggiato per l’indagine. Le somme, in buona sostanza, stavano sotto il tetto dei 100 mila euro di imposta annui, cioè la soglia di punibilità che costituisce rilevanza penale. Il giudice Enzo Truncellito ha dunque assolto i due imputati con formula piena perché il fatto non sussiste.
La sanzione amministrativa
È scattata però una maxi sanzione amministrativa – definita con l’Agenzia delle entrate attraverso un concordato fiscale – di 2 milioni di euro da estinguere nell’arco di dieci anni.
«La formula assolutoria non sembri paradossale o contraddittoria», afferma l’avvocato Campeis. «Mentre la società è stata pesantemente sanzionata in via amministrativa per effetto di particolari regole tributarie, in sede penale è mancata la prova rigorosa del superamento delle soglie di punibilità, sicché gli amministratori sono stati assolti. Il magistero penale ha fatto uso corretto dei principi e delle norme in relazione alle prove assunte al dibattimento». —
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