Evasione fiscale alla pizzeria “Peperino”. Il pm chiede il processo per Savarese

TRIESTE Ancora guai giudiziari per la pizzeria “Peperino” di via Coroneo. Archiviata l’indagine sul riciclaggio, scoppiata con non poco clamore nel 2016, resta aperto il filone per i presunti reati fiscali. Il pm Federico Frezza, che ha diretto l’inchiesta, ha chiesto il rinvio a giudizio per Pietro Savarese, amministratore del noto locale, e per Nicola Taglialatela, socio di maggioranza della “Gidepa”, la srl a cui faceva capo il gruppo Peperino. Ma a processo potrebbero finire pure altre figure chiave del giro d’affari: amministratori e imprenditori collegati a imprese della ristorazione, anche di altre città, con ruoli di primo piano nei presunti meccanismi fraudolenti. Tra questi il liquidatore della Gidepa, il napoletano Gioacchino Serafino.
Evasione fiscale, dunque. Stando a quanto emerso, Savarese, Taglialatela e lo stesso Serafino nel 2016 avrebbero omesso di presentare le dichiarazioni Ires pur avendo conseguito ingenti utili «in nero». Utili che sarebbero venuti a galla da una sorta di contabilità nascosta, tutta comunque da accertare sotto il profilo giudiziario, rinvenuta nel bagagliaio di un’auto in uso a Savarese.
La somma evasa, se dimostrata, ammonterebbe a 110.231 euro.
Ma la Procura contesta pure una dichiarazione redditi (a fini Ires) riferita al 2014. In questo caso Savarese e Taglialatela, assieme al ventiseienne campano Giuseppe D’Auria (amministratore “di diritto” dell’impresa, mentre gli altri due figuravano come amministratori “di fatto”), avrebbero escogitato una doppia contabilità. In buona sostanza un sistema parallelo capace di ostacolare gli accertamenti fiscali, sorretto da un meccanismo informatico ad hoc (la funzione “training” del software “Bacco”) protetto da codici.
Il sistema avrebbe consentito agli imprenditori di cancellare i dati sulle ordinazioni fatte ai tavoli e farli così sparire definitivamente dalla contabilità al momento della chiusura giornaliera della cassa. Analoghe contestazioni, sempre per il “Peperino” e pari a 32,532,08 euro, rientrano nelle verifiche della Guardia di finanza per l’anno di imposta 2016.
Nel vortice dell’evasione sarebbe finita pure la pizzeria “Marinato” di Riva Nazario Sauro,(facente capo alla “Pax srl”), che negli anni scorsi risultava gestita dallo stesso Savarese. L’Ires evasa sul 2014, in questo caso, ammonterebbe a 39.661,78 euro. La “doppia contabilità” sarebbe stata applicata pure con quest’ultimo locale, per un’evasione di 60.706,55 euro riscontrata per l’anno d’imposta 2015. Nell’indagine si fa menzione di ulteriori pizzerie del gruppo “Peperino” (di Udine e Verona), affidate ad altri imprenditori, in cui sarebbe stato impiegato lo stesso schema fraudolento.
Rigettata invece la richiesta di fallimento della Gidepa, avanzata dal pm per una serie di debiti erariali (la cifra è quasi 300 mila euro), grazie al pagamento di circa 180 mila euro avvenuto a ottobre con un accordo transattivo che ha coinvolto l’Agenzia delle Entrate.
«Sono tutte accuse che contestiamo - ribatte l’avvocato Raffaele Corrente (che assieme alla collega Antonia D’Amico difende vari imputati, tra cui Savarese) - anche perché sono calcoli svolti unilateralmente dalla Procura, su cui non abbiamo avuto modo di confrontarci. Sui presunti reati tributari c’è stata però una declaratoria di incompetenza territoriale emessa dal Tribunale di Trieste, che tutt’oggi persiste. Va infine ricordato che ci sono stati anni di indagine sul riciclaggio - conclude l’avvocato - ma in realtà era tanto rumore per nulla: il riciclaggio è stato archiviato perché infondato, mentre ora si getta l’accusa su ipotesi di evasione fiscale, anche per cifre minime sopra la soglia». —
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