Europa a Dodik: se serve in 24 ore inviamo seimila soldati in Bosnia-Erzegovina

Stefano Giantin

BELGRADO. Condanne sempre più autorevoli. Ma ora anche avvertimenti pesanti, raramente ascoltati negli ultimi decenni. La comunità internazionale e la stessa Europa appaiono poco intenzionate a rimanere inerti, se la crisi politica in Bosnia - causata dalle mosse semi-secessionistiche della leadership della Republika Sprska – dovesse precipitare in una spirale ancora più pericolosa.

È il messaggio lanciato da Thomas Waitz, eurodeputato austriaco dei Verdi, in tour in Bosnia assieme a Romeo Franz, europarlamentare tedesco. Waitz che, usando il megafono dei media locali, ha evocato la possibilità di un intervento militare straniero in Bosnia, se la situazione sul campo dovesse generare, magari con la creazione di forze armate serbo-bosniache. «Abbiamo avuto delle garanzie da generali», probabilmente di Paesi Ue e Nato, ha svelato l’europarlamentare austriaco, che hanno assicurato a rappresentanti dell’Eurocamera che forze armate europee possono mobilitare «6mila militari» in Bosnia «nel giro di 24 ore».

Secondo il politico di Vienna, si tratterebbe di piani concreti e definiti per rinforzare i ranghi della missione di peacekeeping europea che già oggi opera nel Paese balcanico, le cui file sono state sfortunatamente «ridotte» nel corso degli ultimi anni, ha aggiunto Waitz.

Ma in caso di bisogno, i rinforzi arriveranno, ha assicurato. «Monitoriamo ogni segnale che annunci un’escalation e useremo tutti i mezzi per preservare la pace», minacciata dalla «retorica nazionalistica» del leader serbo-bosniaco Milorad Dodik e dalle sue «attività che potrebbero portare a un tentativo di secessione» della Republika Srpska.

Poi, l’ammonimento finale. «L’Ue rimane impegnata sui principi del dialogo, ma ogni tentativo di disgregare» l’unità nazionale della Bosnia «porterà ad azioni concrete», il messaggio più importante, che ha avuto ampia eco sui media di Sarajevo e Banja Luka ed è stato letto come un vero e proprio dispaccio recapitato da Bruxelles, attraverso Waitz. A muoversi per evitare la crisi bosniaca sono stati anche altri. A esprimere «risoluto sostegno» all’integrità territoriale del Paese balcanico sono stati anche i ministri degli Esteri del G7, che hanno pure «condannato la retorica irresponsabile» degli ultimi mesi.

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