Eternit bis, i pm contestano 256 omicidi

Dopo la cancellazione dei reati decisa dalla Cassazione Guariniello chiude l’inchiesta a carico dello svizzero Schmidheiny
Una protesta contro la sentenza della Cassazione
Una protesta contro la sentenza della Cassazione

ROMA. La sentenza non era sui morti. Il giorno dopo il verdetto choc della Suprema Corte che ha annullato condanna e risarcimenti nel processo Eternit, la Cassazione è costretta a spiegare il suo operato per placare, inutilmente, l’indignazione e la delusione, soprattutto dei familiari delle vittime. E intanto, la procura di Torino, proprio ieri, ha chiuso l’inchiesta Eternit-bis, che riguarda, appunto, solo le morti. Ben 256 avvenute tutte a Casale Monferrato e Cavagnolo, sedi degli stabilimenti Eternit. Unico indagato, ancora una volta, il magnate svizzero Schmidheiny.

La Corte dunque, fa sapere che «oggetto del giudizio era esclusivamente l’esistenza o meno del disastro ambientale, la cui sussistenza è stata affermata dalla Corte, che ha dovuto, però, prendere atto dell’avvenuta prescrizione del reato essendosi l’evento consumato con la chiusura degli stabilimenti Eternit, avvenuta nel 1986, data dalla quale ha iniziato a decorrere il termine di prescrizione». E quindi, «non erano oggetto del giudizio i singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, dei quali la Corte non si è occupata» conclude la nota. Fonti della procura della Cassazione fanno sapere che quel processo era «nato morto» e che i magistrati di Torino avrebbero dovuto «percorrere un’altra strada». Tuttavia l’intervento della Cassazione, che prescrivendo il reato ha cancellato la condanna a 18 anni del manager svizzero Schmidheiny e tutti i relativi risarcimenti, non smonta la rabbia dei familiari delle vittime. «Continueremo a batterci perché l’amianto sia bandito a livello internazionale» dice Concetta Palazzetti, sindaco di Casale Monferrato, la cittadina alessandrina che conta oltre duemila morti per amianto.

Ma se per la Cassazione i reati del processo Eternit andavano prescritti già nel primo grado di dibattimento, come si è arrivati alla condanna in appello? A spiegarlo è proprio la sentenza dei giudici di Torino: non c’è prescrizione perché il reato di disastro «non si è ancora consumato». Anzi, «la sua consumazione è ancora in atto», visto che «il pericolo per le popolazioni non è ancora cessato». Ed è proprio di questo pericolo, delle patologie e dei decessi da amianto, che si occupa la nuova inchiesta bis conclusa ieri a Torino e firmata dai pm Raffaele Guariniello (che dal 2004 ha lavorato alla prima indagine sulle morti per amianto) e Gianfranco Colace. L’accusa mossa dai magistrati a Schmidheiny è omicidio volontario continuato e pluriaggravato di 256 persone. Un numero che conta, come ha precisato la procura torinese, altri 43 casi di morte oltre ai primi 213 già inclusi nel fascicolo. I decessi vengono contestati proprio a Schmidheiny che, secondo gli inquirenti, con «coscienza e volontà cagionava la morte di lavoratori operanti, familiari, cittadini residenti, dal giugno 1989 in poi. Condotta ed evento coincidono». Mentre le aggravanti contestate sono i «motivi abietti» (la volontà di profitto) e il «mezzo insidioso» (l’amianto).

La tesi dei pm è che Schmidheiny «confidò che l’opera di disinformazione da lui promossa avrebbe impedito alla collettività di acquisire l’esatta consapevolezza del fenomeno epidemico che egli si era già rappresentato, divulgando la falsa rassicurazione che erano state impiegate notevoli risorse per sanare la situazione con notizie infondate sull’efficacia delle bonifiche». Tra le 256 vittime, 66 sono ex dipendenti delle fabbriche di Casale e Cavagnolo. Tutti gli altri sono semplici residenti. E quasi tutti sono morti per mesotelioma.

La chiusura dell’inchiesta arriva proprio il giorno dopo la sentenza. Del resto, Guariniello aveva fatto capire che non avrebbe lasciato perdere: «Il mio primo messaggio va ai familiari delle vittime: voglio che sappiano che non devono perdere fiducia nella giustizia. Si è chiuso un capitolo: è vero, ma se ne apre uno nuovo, e noi sulla strage dell’Eternit non demorderemo».

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