“Esplode” dopo 70 anni la bomba di Servola
C’è o no una bomba in via del Panebianco a Servola? A questa domanda finora sono state date risposte evasive e contraddittorie. Quasi non se ne volesse parlare.
La prima segnalazione della presenza di un ordigno di origine bellica è stata fatta da un testimone oculare che oggi ha 88 anni, Duilio Gurian residente a San Giacomo in via Colombo. Allora di anni ne aveva 18, quando il 10 giugno del 1944 su Trieste furono sganciati 300 ordigni che provocarono quattrocento vittime e la distruzione di molti edifici. Gurian, con il padre, si trovava su quel campo, preso in affitto, seminato a erba spagna. Secondo la sua testimonianza uno degli ordigni si era conficcato nel terreno a 5 metri di profondità, senza esplodere. Dopo la denuncia alla Questura alcuni agenti si recarono sul posto, recintarono il terreno e posero un cartello con scritto vietato entrare “per pericolo ordigno”. La bomba si troverebbe ancora lì in quel campo di proprietà privata, oggi incolto e abbandonato, posizionato sopra la scuola materna comunale e nell’adiacenze del parcheggio privato "Mamaca Park".
Gurian alcuni mesi dopo quel giorno del mese di giugno fu preso dai tedeschi e spedito nel campo di lavoro di Dacau: il suo incarico consisteva nel recuperare gli ordigni lanciati dagli Alleati e di comporre i cadaveri. Tornato fortunosamente a Trieste ha continuato, e continua alla sua veneranda età, a “gridare” la pericolosità che rappresenta quella bomba.
Dopo varie lettere e segnalazioni ad autorità politiche e militari, il Reparto Infrastrutture di Padova, Nucleo artificieri, nel 2004 ha effettuato un sopralluogo in via del Panebianco. Nella relazione gli Artificieri chiedevano un approfondimento di indagine mediante una ditta specializzata “per trivelazioni spinte a 3-5 metri”. Trivelazioni che lo stesso questore Padulano ancora nel 2010 sollecitava Comune e Prefettura a fare e che non sono mai state eseguite. Invece sono state fatte solo “alcune analisi” il 16 febbraio del 2011 e stando a quanto scrive il vice prefetto aggiunto Carbone «il reggimento Genio guastatori ha rappresentato che non sono state riscontrate presenze di ordigni inesplosi».
Ora invece la bomba è “esplosa” nelle mani dell’amministrazione Cosolini. E giovedì sera il vicesindaco e assessore Fabiana Martini ne ha riferito in Consiglio comunale.
«Già nel 2010, questa Amministrazione, a fronte di una spesa di circa 25 mila euro - afferma Martini - ha provveduto a un tentativo di geolocalizzazione del presunto ordigno, ricoperto da varie stratificazioni di terreno e vegetazione, mediante pulizia dell'area da infestanti ed utilizzando il personale volontario della squadra comunale di Protezione civile, senza rilevare alcunché di anomalo, dal momento che vi erano stati numerosi sbancamenti nel periodo post-bellico che potevano aver portato l'ordigno in profondità, sino all'attuale conformazione a pastino».
Come detto, della vicenda è stata interessata più volte negli anni la Prefettuta: il 18 novembre scorso ha convocato una conferenza di servizio per organizzare, anche attraverso l'ausilio del Reparto Infrastrutture dell’esercito (Bcm di Padova), un ulteriore approfondimento sul terreno di via del Pane Bianco.
«In quella sede - sottolinea la vicesindaco - il rappresentante militare presente, ha comunque escluso una pericolosità immediata dell'eventuale ordigno presente, significando che un pericolo potrebbe essere costituito, qualora messo alla luce, solo da un'azione diretta e violenta con il percussore dell'ordigno stesso. All'atto attuale - aggiunge - sono in corso le procedure di organizzazione, sempre da parte del locale Commissariato di Governo - Utg, per un controllo approfondito del fondo oggetto della segnalazione, al fine di escludere ogni pericolosità in merito, o per organizzare l'eventuale rimozione in sicurezza. Qualora l'ordigno venisse reperito». Fine della prima puntata, per la conclusione è auspicabile che non si attendano altri 70 anni.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo