Esodati, 491 triestini nel limbo Nella lista dei “primi” sono in 350
Potrebbero riempire una fabbrica grande quanto la Ferriera, o un paio di palazzoni del Comune. Non sono giovani a caccia del primo posto della vita, né lavoratori licenziati nel bel mezzo della vita da un datore cui la crisi non fa tornare i conti. Sono i cosiddetti esodati. Quelli che le regole del sistema previdenziale mettevano a ridosso dell’uscita dal mondo del lavoro, agevolandola. Quelli che poi, uscendo proprio dal mondo del lavoro, si sono ritrovati in una terra di nessuno, senza più paga né ancora pensione, talvolta con la paura di restarci per anni, perché nel frattempo le regole erano cambiate. Vittime silenziose della crisi. Silenziose perché uscite sparpagliate. Da banche, industrie, Ferrovie, Poste.
Nella Trieste dall’età media proiettata in là e dall’occupazione sbilanciata sul terziario, in cui il ricorso alle uscite premature incentivate non è fenomeno raro, gli esodati sono così un piccolo grande esercito: quasi 500, su un monte-dipendenti stimato dai sindacati attorno alle 73mila unità. Ogni 150 triestini che lavorano, esclusi imprenditori, liberi professionisti e autonomi, si nasconde insomma almeno una storia. La storia di chi si trova, ora come ora, intrappolato nel limbo.
I dati ufficiali sono stati resi noti nelle scorse ore dall’Inps provinciale. Dati che parlano di 491 richieste in sospeso, di cui 350 accolte, già inserite nella lista dei cosiddetti salvaguardati, gli aventi diritto all’accesso (in attesa che essa venga sbloccata) alla prima tranche dei fondi, noti come i fondi dei “primi” 65mila. Per gli altri, invece, se ne riparla al caso ancora più in là, nel momento dell’attivazione della seconda e della terza tranche. Quelle dei 55mila e dei 10mila.
Delle 491 richieste, nel dettaglio, 141 risultano attualmente depositate presso l’apposita Commissione della Direzione provinciale del Lavoro, dipendente direttamente dal Ministero, alla quale gli esodati firmatari di accordi individuali con la loro azienda, non titolari di altre prestazioni che passano di norma per l’Inps, dovevano presentare le rispettive domande entro il 21 novembre. Domande accolte in 117 casi, e respinte in 24.
Il resto delle istanze, 350 in tutto, si trova catalogato direttamente negli archivi Inps, e sono riconducibili a persone in mobilità lunga o breve, ai cosiddetti contributori volontari, o ancora ad ex bancari ed ex ferroviari, ad esempio, destinatari dei fondi di categoria di solidarietà e sostegno al credito. Di questi 350 i potenziali beneficiari di prima fascia, come salvaguardati, sono 233. I non aventi diritto sono 103, cui si aggiungono quattro richieste doppie (presenti cioè pure nella commissione ministeriale), due da verificare, due appartenenti a cittadini già deceduti e sei a ex lavoratori che avevano maturato in tempo, prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero, i requisiti per la pensione. L’ultimo treno.
«Con le nostre stime del 2012 - osserva il segretario provinciale della Cgil Adriano Sincovich - eravamo andati molti vicini ai numeri ufficiali. È la conferma dell’esistenza di un problema molto serio all’interno di un contesto altrettanto serio, che non apre spazi, e si prospetta strutturale. Con gli interventi sul sistema pensionistico ci sarà sempre più gente a bagnomaria». «Il dato - gli fa eco il segretario della Uil Giacinto Menis - è oltremodo consistente e preoccupante. E intanto, a livello nazionale, stiamo assistendo a una campagna elettorale miseranda che non coglie e non rimarca i drammi della gente comune come gli esodati, usciti previa rassicurazione poi non mantenuta». «Cinquecento persone - chiude il segretario della Cisl Luciano Bordin - valgono una Ferriera. C’è l’equivalente di una Ferriera che non torna al lavoro e non è in pensione...».
@PierRaub
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