Ergastolo confermato a Console e Cavalli

Per la Corte di cassazione rimane valida la sentenza sul delitto di Gretta inflitta dai giudici d’Appello ai due assassini

Ergastolo era, ergastolo è rimasto. La Corte di cassazione ha abbassato il sipario sull’ultimo atto del delitto di Gretta. I giudici della prima sezione hanno confermato la sentenza di secondo grado nei confronti di Giuseppe Console e Alessandro “Tex” Cavalli, i due aguzzini di Giovanni Novacco. Hanno solo annullato l’aggravante dei futili motivi «ferme restando - si legge nel dispositivo - le pene inflitte». Così sono stati rigettati i ricorsi degli avvocati Sergio Mameli e Maria Genovese, rispettivamente difensori di Giuseppe Console e Alessandro Cavalli. «Non sono due ragazzi da ergastolo», aveva detto Mameli di fronte al collegio presieduto da Mariastefania Ditomassi. Ma il suo appello è caduto nel vuoto.

Così rimane valida, seppur con una lieve correzione, la sentenza di secondo grado pronunciata dal collegio presieduto da Pier Valerio Reinotti. Quella che ha inflitto ai due assassini una vita dietro le sbarre ribadendo l’identica responsabilità per entrambi nell’efferato omicidio di Giovanni Novacco. Il delirio di onnipotenza di cui caddero preda quella notte Console e Cavalli è stato sottolineato e ribadito nel febbraio 2014 dalla Corte d’Appello che, per entrambi, ha confermato la condanna all’ergastolo.

I difensori Sergio Mameli e Maria Genovese hanno entrambi cercato di scalfire in qualche modo la sentenza granitica che non aveva preso in considerazione la richiesta di una nuova perizia psichiatrica nei confronti dei due imputati considerati dai giudici responsabili dell’efferato delitto entrambi in uguale misura. In effetti il ricorso di Mameli si è basato sostanzialmente sul «mancato riconoscimento del vizio parziale di mente» di Console. Ma anche sull’applicazione delle aggravanti relative al reato di omicidio volontario e di sequestro di persona, oltre che su questioni di illegittimità costituzionale. Quanto a Cavalli, il ricorso ha rilevato quale motivo principale il vizio di manifesta illogicità nella sentenza di Appello, precisamente nella parte in cui essa non ha colto le incongruenze contenute nella perizia psichiatrica svolta nel primo grado di giudizio. Invece nulla è cambiato. Stessa responsabilità. Perché come aveva sottolineato il pm Massimo De Bortoli nella requisitoria nel processo di primo grado, se uno dei due avesse avuto da eccepire qualcosa o avesse inteso dissociarsi da iniziative dell’altro, avrebbe avuto sicuramente l’opportunità di farlo in più occasioni nel corso di quella che è stata la notte degli orrori. La notte in cui è stato torturato e bruciato vivo un ragazzo di 23 anni solo perché aveva parlato negativamente della gang di Roiano. All’udienza in Cassazione erano presenti anche gli avvocati Valentina Montecchia, Massimo Scrascia e Laura Luzzato Guerrini, rispettivamente parti civili dei genitori e del fratello di Giovanni Novacco e della nonna.

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