Enrico Toti, l’“eroe” che da un secolo divide

A quasi due anni dal centenario della sua morte bisognerà pur trovare degna sepoltura a Enrico Toti. Eroe o esagitato? Soldato o portalettere? Caduto all’assalto o nelle retrovie?
Domande insidiose che in passato hanno puntualmente sollevato polemiche. Perché ne parliamo? Il primo tour di èStoriabus toccherà anche il campo trincerato del Carso monfalconese, compresa quota 85. Lì, secondo la storia ufficiale, cadde Enrico Toti. Lì è eretto un monumento in suo onore. Enrico Toti, lo diciamo ai più distratti sulla Prima guerra mondiale, era un signore romano privo di una gamba in seguito a un infortunio sul lavoro (era ferroviere). Menomato, in un periodo in cui non si andava per il sottile con gli “storpi” condusse un’esistenza costellata da scommesse con se stesso, alcune vinte, altre no. La più impegnativa fu quella di farsi arruolare e combattere al fronte.
Enrico Toti il sei agosto del 1916 cade durante un attacco agli austroungarici sul Carso monfalconese. Si tratta di una manovra “diversiva” (da migliaia di morti) voluta da Cadorna per confondere il “nemico” sulle sue reali intenzioni: la presa di Gorizia.
E qui la faccenda si tinge di giallo. Nel sito cadutigrandeguerra.it, patrocinato dal Ministero della Difesa, scorrendo l’elenco dei militari del Regio esercito morti dal maggio del 1915 ai primi di novembre del 1918, si trovano due Enrico Toti: Toti Enrico di Timoteo e Toti Enrico di Vincenzo (o di Giovanni). Il primo è morto il 9 agosto del 1916 sul San Michele, il secondo il 26 luglio del 1915 sul Carso.
Dell’eroe con la stampella non c’è traccia. Perché?
«Toti non è elencato nell'albo d'oro dei caduti della Grande Guerra semplicemente perchè non era un soldato o meglio un militare regolarmente arruolato dall'esercito italiano. Le consiglio per approfondire l'argomento il libro di Lucio Fabi su Enrico Toti», risponde al cronista Daniele Girardini, uno dei curatori del sito. Lucio Fabi nell’ottobre del 1993 pubblica per Edizioni della Laguna il libro intitolato “La vera storia di Enrico Toti”. Le sue tesi non sono tenere con Toti, che da eroe viene degradato a millantatore. Ma Fabi è tra i massimi storici della Prima guerra mondiale. Riletto ora, il suo libro appare meno severo nei confronti di Toti rispetto a 21 anni fa. Certo è che per Fabi Enrico Toti non era un soldato. Tesi smentita dal generale Sabato Aufiero, che durante la presentazione del libro sventola in faccia a Fabi il foglio matricolare attestante l’arruolamento del soldato Enrico Toti. Che avrà alla memoria la medaglia d’’oro al valor militare per espressa volontà del Duca d’Aosta, comandante della Terza armata.
E qui viene il bello. Il 20 maggio del 1965 la tipografia Bolzonella di Padova stampa il volume intitolato “Numero unico del Cinquantenario”. L’autore è il Comando della Terza armata, non uno storico. Nel capitolo dedicato alle “Medaglie d’oro conferite a singoli per fatti d’arme avvenuti nel settore della Terza Armata”, a pagina 82 si legge: “Soldato Enrico Toti, da Roma, del 3° btg. bers, ciclisti. Volontario, quantunque privo della gamba sinistra, lanciatosi arditamente sulla trincea nemica, due volte ferito, continuava a combattere. Colpito a morte, lanciava al nemico la gruccia e spirava baciando il piumetto, con stoicismo degno della sua anima altamente italiana (Monfalcone, 6 agosto 1916)”. Lucio Fabi propone una versione completamente diversa dei fatti che invece, per il Comando della Terza armata, sono stati meritevoli della Medaglia d’oro. E allora? Due proposte: la prima, più importante, come suggerisce Pierluigi Lodi, è di cominciare a considerare Toti il primo diversamente abile in trincea. Già questo basterebbe ad elevarlo a moderno eroe. La seconda proposta è diretta a Edizioni della Laguna: pubblicare un libro dal titolo “Processo a Enrico Toti” contenente le tesi di Fabi e le tesi dei “totiani”.
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