Emergenza profughi: cento rifugiati rimasti senza un letto
Un centinaio di profughi senza un posto dove dormire. È una nuova emergenza nell’emergenza. Una situazione che si protrae da una ventina di giorni.
Lo conferma il prefetto Francesca Adelaide Garufi. Dice: «Abbiamo avuto un afflusso che si è intensificato dalla frontiera in questi ultimi giorni e che segue quello dell’operazione Mare Nostrum. Gran parte chiedono asilo. L’amministrazione comunale, con la quale c’è una convenzione, sta cercando ulteriori posti anche nell’ottica della rotazione delle persone. Sono convinta e fiduciosa che una soluzione si riuscirà presto a trovare. Si tratta di soluzioni anche provvisorie. Perché alcuni migranti vengono spostati nelle regioni vicine».
Continua il prefetto: «Nei prossimi giorni sarà attivato un tavolo regionale al quale parteciperà la presidente Serracchiani». E questa iniziativa potrebbe la chiave di volta per sbloccare almeno temporaneamente la situazione. Si è pensato alla vecchia fiera ma non ci sono più gli allacciamenti per luce, acqua e gas. Ipotesi scartata. Sono anche circolate voci su una sistemazione dei rifugiati in una palazzina dello stadio “Rocco”. La notizia ha assunto subito i toni della polemica, favorita dal tam tam di facebook. E proprio attraverso i social network è intervenuto lo stesso sindaco Roberto Cosolini che ha escluso categoricamente questa possibilità».
Dopo la pista di pattinaggio di via Boegan, che ha ospitato nei primi giorni di gennaio trentasette cittadini provenienti dall’Afghanistan, un altro impianto sportivo cittadino è stato tirato in ballo per rispondere alla necessità di accoglienza temporanea dei richiedenti asilo. La smentita del sindaco rassicura i tifosi dell’Unione, ma non fa luce su quella che da più parti viene definita un’emergenza. Se il rapporto fra il numero di ingressi di richiedenti asilo e la popolazione triestina risulta nettamente sostenibile, è anche vero che l’accoglienza di rifugiati in città, dal punto di vista logistico, sta iniziando a dare qualche segnale di sofferenza. «Abbiamo registrato un incremento di arrivi fra il 3 e il 12 gennaio – conferma il presidente dell’Ics- Consorzio italiano di solidarietà Gianfranco Schiavone – ed è vero che siamo andati incontro alla saturazione dei posti disponibili».
Avvicinata la soglia delle 600 presenze in città, appare necessario programmare un incremento di 80- 100 posti da destinare ai futuri arrivi. «Il programma di accoglienza locale è rimasto tale e quale a quello di prima – sottolinea Schiavone - . I posti di cui abbiamo bisogno servono solamente a programmare l’inserimento temporaneo dei nuovi ingressi, in attesa che vengano ricollocati nelle strutture adeguate. Se non fossimo oggetto di un’attenzione volutamente morbosa, la gente non si accorgerebbe nemmeno della presenza di queste persone». Da dove salteranno fuori questo centinaio di posti Schiavone non lo dice, «per non fornire un assist a chi polemizza per professione o per interesse». Si sbilancia, però, su quella che definisce «una sottovalutazione da parte del ministero dell’Interno nei confronti dei flussi d’ingresso a Nordest». «I trasferimenti dei rifugiati verso il sistema di accoglienza nazionale sono troppo lenti – ammette Schiavone - . Servirebbe una maggiore attenzione verso questa frontiera. Basterebbe programmare un trasferimento settimanale da Trieste di sole dieci persone verso altre strutture presenti sul territorio nazionale, per dare ossigeno al sistema locale». Evidentemente, per usare le stesse parole del presidente dell’Ics, «non ci si è accorti che, accanto al fiume di arrivi sulle coste siciliane, c’è un rigagnolo di ingressi anche in Friuli Venezia Giulia, un flusso crescente che ci obbliga a sensibilizzare le autorità centrali».
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