Emergenza migranti in Serbia: «Centomila nascosti nei boschi»

TRIESTE. Il Muro di Orban si sta sbriciolando come una palizzata di polistirolo davanti all’ondata di profughi che spingono verso la terra promessa chiamata Europa. O, meglio, sta diventando una sorta di Linea Maginot del terzo millennio, tanto volitiva quanto inutile. Dall’inizio dell’anno sono già “sbarcati” in Ungheria 80mila migranti e, fonti magiare, confermano che entro la fine del 2015 ne arriveranno ancora 140-160mila. Del resto, come confermano anche fonti europee, l’80% dei clandestini che cerca di arrivare nell’Ue transita sulla cosiddetta rotta balcanica. Camminano lungo le strade che dalla Macedonia salgono su verso la Serbia. I più fortunati acquistano una bicicletta a Skopje (ci sono dei veri e propri punti vendita per migranti) al costo di 80 euro e poi le rivendono a Belgrado a 40 euro. Ovviamente le stesse biciclette fano ritorno a Skopje per un altro giro. Insomma “business is business”.
In questi giorni la situazione sta però colassando nei boschi della Serbia al confine con l’Ungheria. Le autorità di Belgrado cercano di minimizzare il fenomeno e lo “nascondono” anche agli “occhi” dei media. Fonti indipendenti che hanno monitorato personalmente la situazione parlano di non meno di 100mila migranti nascosti nei boschi in attesa di fare il grande balzo, cifra questa che era stata riferita al Piccolo dall’ex prefetto Vittorio Zappalorto pochi giorni prima del suo commiato dal copluogo isontino. Inutile dire che le condizioni in cui vivono questi “lupi” dei boschi sono tragiche anche perché tra di loro molti sono donne e bambini.

Le forze di polizia ungheresi, a denti stretti, confessano che il ritmo d’ingresso in terra magiara è di 1.000-1.100 al giorno. Sono in maggioranza siriani, pachistani e afgani che hanno pagato circa 5mila euro a testa per questo dannato viaggio della speranza. Quando riescono a forare la tela di ragno dei controlli ungheresi i migranti vengono raccolti nella stazione di Szeged dove poi messi sui treni sono distribuii nei vari centri di raccolta dell’Ungheria. Treni che sono dei veri e propri convogli con vagoni “piombati” che maledettamente troppo assomigliano alle tradotte di ebrei agevolate dal nazismo di Hitler.
E se gruppi di volontari cercano di aiutare con generi di conforto e vestiario i migranti accampati alla stazione ferroviaria di Szeged (sì quello del gulash di cui per i profughi resta solo quale residuo olezzo nei corridoi della stazione) le autorità, nella persona del vicesindaco della città, Istvan Fackelmann invesicono contro quella che non chiamano più «migrazione» o «esodo», bensì «aggressione all’Ungheria alla quale bisognerebbe rispondere in modo adeguato».
Così il governo Orban annuncia che la Grande muraglia (inutile come vediamo) sarà ultimata entro il 31 agosto, ma visto il tenore delle dichiarazioni dei suoi luogotenenti chissà forse a settembre il muscolare premier magiaro schiererà i carri armati. Del resto un po’ come succede per l’Italia, l’Ungheria è solamente una terra di transito per i migranti che vogliono raggiungere soprattutto i Paesi dell’Europa centro-settentrionale.
Lo sa bene Marka Kekesija, leader degli attivisti che si occupano dell’assistenza ai migranti. «L’ingigantire il dramma della migrazione - spiega - altro non è che un’abile operazione del governo magiaro che così fa passare in secondo piano tutti gli altri e ben più gravi problemi del Paese».
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