Emergenza casa, 148 sfratti nell’Isontino

Secondo il Sunia sono soprattutto persone che perdono l’alloggio per morosità, non sono più in grado di pagare l’affitto
Di Francesco Fain
Una protesta contro gli sfratti, in un'immagine d'archivio. ANSA/ LUCA ZENNARO
Una protesta contro gli sfratti, in un'immagine d'archivio. ANSA/ LUCA ZENNARO

Centoquarantotto sfratti in tutto l’Isontino. Il problema dei “senza-tetto” sta diventando una vera piaga, a riprova che la crisi morde ancora e sta colpendo duro. Prova ne sia che, attualmente, una famiglia ogni 417 ha uno sfratto esecutivo in tasca contro una media regionale di una ogni 433.

Nella stragrande maggioranza dei casi non sono più, come un tempo, frutto della scadenza contrattuale ma derivano dalla morosità dell’inquilino. Pertanto, il fenomeno degli sfratti, da queste parti, riguarda quasi esclusivamente il disagio economico delle famiglie. I numeri, molto preoccupanti, sono frutto del database dall’Istat che ha rielaborato i dati del ministero degli Interni. Continua, dunque, a essere pesante il problema della tensione abitativa in città e questi numeri si aggiungono a quelli, altrettanto gravi, evidenziati nei servizi di ieri.

Le famiglie non riescono più a sostenere le cifre decretate dal libero mercato, nonostante si tratti di somme molte volte contenute se raffrontate con quanto succede nel resto d’Italia. Complice la crisi, denuncia il Sunia, è in aumento il numero di casi di morosità incolpevole: locatari, cioè, che non riescono per più mesi a far fronte al pagamento del canone d’affitto, dopo aver perso il lavoro o dopo aver comunque visto mutare drasticamente le proprie condizioni reddituali: l’aumento, soltanto negli ultimi due anni, è stato del 10 per cento.

In crescita anche gli sfratti per provvedimenti di «sloggio» da parte di enti pubblici o per rilascio dell’appartamento del richiedente a seguito di separazione. Una decina di casi, sempre su scala provinciale, riguardano donne sole, abbandonate dai propri mariti, con figli a carico e con introiti limitatissimi.

«Gli sfratti sono in aumento e Gorizia non è più un’isola felice. Che fare, allora? Intanto, bisognerebbe velocizzare al massimo la realizzazione degli interventi di edilizia popolare in città, allentando la morsa della burocrazia - sottolinea Renato Bagolin del Sunia, il principale sindacato degli inquilini -. Vero è anche che una casa Ater non può essere per tutta la vita. Cosa intendo dire? Che se migliorano le condizioni economiche di una famiglia, è giusto che questa lasci al casa popolare a chi ha più bisogno, rivolgendosi al libero mercato».

Parole, queste ultime (ma solo queste ultime), che suoneranno come musica alle orecchie di Carlo del Torre, presidente di Confedilizia Gorizia. Che, in tempi non sospetti, ha affondato il colpo. «Poco più di un centinaio di sfratti in una provincia di circa 140.000 abitanti coinvolgono forse lo 0,1% della popolazione e questo non pare costituire una emergenza sociale - afferma -. Da questi sfratti vanno poi esclusi gli sfratti dolosi, ossia quelli provocati da “professionisti dello sfratto”: persone senza scrupoli che sfruttano le esagerate tutele riservate all’inquilinato e le lentezze della macchina giudiziaria per occupare una casa senza pagare il canone che il proprietario deve comunque dichiarare ai fini fiscali».

«Per decenni, la Regione ha sostenuto l'acquisto della prima casa portando la percentuale dei proprietari di prima casa in Friuli tra le più alte in Italia. Sarebbe ora che le risorse vengano stanziate per favorire la locazione e rendere le case Ater vere case di emergenza, sbattendo fuori coloro che possono permettersi una casa in affitto e rendendo così liberi alloggi e risorse per affrontare la situazione degli sfrattati».

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