Elmetti della Grande Guerra nella Dolina dei Bersaglieri

REDIPUGLIA. Un episodio che dimostra come dopo ben 100 anni il Carso possa ancora restituire cimeli storici, in larga parte arrugginiti o parzialmente rovinati, ma anche seppur raramente in buona conservazione. Proprio come i tre elmetti che, in queste settimane, sono stati messi in bella mostra nella raccolta dei “Sentieri di pace” di Fogliano, in attesa di essere collocati definitivamente nel futuro caveau della Grande Guerra al museo multimediale della stazione di Redipuglia.
Si tratta di due elmetti in ottimo stato di conservazione dell’impero austroungarico e uno italiano, modello “Adrian 1916”. Il ritrovamento risale a diversi mesi fa nell’area del comprensorio difensivo della Dolina dei Bersaglieri e poi conservati da chi li ha rinvenuti in Carso. E così, dopo un saggio restauro conservativo, gli elmetti sono stati donato direttamente al museo di Redipuglia. Un lavoro certosino, da vero intenditore, mantenendo però un rigoroso anonimato. Lontano dai riflettori. E i responsabili dei “Sentieri di pace” ringraziano per la donazione e assicurano la massima custodia e la visione fruibile al pubblico non appena attrezzata la galleria dei cimeli.
Lo “Stahlhelm” austriaco fu introdotto in servizio regolare durante la battaglia di Verdun nel 1916. Il modello “M1916” aveva degli occhielli di ventilazione laterali, simili a piccole corna, concepiti per fare da supporto ad una placca in acciaio addizionale, detta “Stirnpanzer”, che fu utilizzata in misura limitata solo dai mitraglieri e dalle vedette in quanto troppo pesante per l'uso comune. Le ampie falde svasate rendevano l’udito difficile al soldato, distorcendo i suoni e creando un eco alla voce.
L'elmetto “Adrian Mod. 16” può essere considerato il precursore dei moderni elmetti dal punto di vista costruttivo e tipologico, anche se fu prevalentemente condizionato dalla valenza estetica, ispirata agli elmi e caschi di cavalleria, piuttosto che dall'esigenza pratica di una valida protezione del combattente. Ne è testimonianza il fatto che non si reputò necessario sottoporre il modello a test balistici ai quali invece verranno sottoposti i modelli inglesi e tedeschi. L'elmetto “Adrian” restò in dotazione al Regio Esercito per poco più di quindici anni fino a quando vennero introdotti i nuovi elmetti, prima lo sperimentale M31 e quindi il modello definitivo "modello M33" che ebbe una più lunga vita operativa, circa 60 anni, ed un buon successo.
Materiale di guerra, insomma, che adesso dopo il ritrovamento e il restauro troverà un posto in museo. Dopo cent’anni e la storia di uomini di cui è impossibile scoprire il nome.
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