Elisoccorso in Austria ecco il conto: 4.732 euro

Una sciatrice che si è rotta la clavicola a Pramollo: «Hanno chiamato l’elicottero sebbene fossimo vicini alla strada, io non ho firmato nulla. Pagherò a rate»»
Di Piero Rauber

Se andate a sciare a Pramollo, di gran lunga il parco bianco dei divertimenti più vasto e vario di tutto il Friuli Venezia Giulia, state in guardia. O sperate in bene e scendete piano, più piano di quanto andreste a Piancavallo piuttosto che a Tarvisio o sullo Zoncolan (e così non vi pagate il costo non proprio popolare dello skipass) oppure toccate ferro, non vi suggestionate temendo di chiamarvela, e vi rassegnate a pagare prima un’apposita assicurazione privata contro gli infortuni.

Già, perché un qualunque problema che dovesse capitarvi potrebbe costarvi caro, carissimo. Talmente tanto - roba da migliaia e migliaia di euro - da costringervi a rinunciare, anche per anni, alla vostra sciata, per pagare quel problema. Tutta “colpa” dell’elisoccorso made in Austria, là dove non hanno perso tempo in dibattiti come in Italia e hanno già deciso: l’intervento dell’elicottero sulle piste, in mano ai privati che lo tengono a disposizione per soccorrere un infortunato, lo paga l’infortunato, ché non è giusto che uno che non è stato sfortunato ma magari se le è cercate poi gravi sulla sanità pubblica. Il fatto è che l’infortunato di norma non lo sa e che l’elicottero - sostiene una persona che ha vissuto quest’esperienza sulla propria pelle - lo fanno arrivare anche quando se ne potrebbe fare a meno. E adesso anche il turista partito da Trieste se ne è accorto.

Il monito viene per l’appunto da una concittadina di 32 anni, F.I. le sue iniziali, che ha chiesto di poter mantenere l’anonimato ma che ha deciso di raccontare ciò che le è capitato quest’inverno nel comprensorio di Nassfeld-Pramollo, sul versante austriaco, dopo aver letto sul Piccolo di una denuncia fatta da una donna ungherese per un analogo caso capitatole sempre a Pramollo. E non esclude, F.I., di mettersi prima o poi in contatto con lei per capire quanta altra gente sia rimasta scottata e per studiare eventualmente se vi sono i margini per una class action o qualcosa di simile. «Mi trovavo - ricorda la giovane triestina - a una cinquantina di metri dalla strada, dove eventualmente sarebbe potuta arrivare anche un’ambulanza, quando sono caduta malamente e mi sono resa conto di essermi rotta la clavicola, ho sentito proprio uno “stack”. Mentre ero con i miei amici e col mio fidanzato sono arrivati quelli del soccorso alpino che in inglese si sono informati delle mie condizioni e poi mi hanno detto che non era il caso che mi muovessi e che venissi portata giù in barella fino alla strada. “È meglio che venga l’elicottero”, hanno sostenuto. L’elicottero però non poteva atterrare nel punto in cui mi trovavo, per cui mi hanno comunque caricato sulla barella e mi hanno portato in giù per una ventina di metri, fin dove poteva aspettare appunto l’elicottero. Una volta caricata a bordo, senza nessun altro della mia comitiva accanto a me e in preda a dolori fortissimi, mi hanno chiesto le generalità e mi hanno portato all’ospedale di Villaco, dove mi hanno fatto i raggi, mi hanno messo un tutore e in breve mi hanno dimessa. Non ho firmato niente. Qualche giorno dopo mi è arrivata a casa una lettera in tedesco nella quale mi si chiedeva il corrispettivo della prestazione dell’elisoccorso».

Totale: «4.732 euro. Uno choc. ma so di gente cui è andata addirittura peggio. Ho comunicato con loro per e-mail e sono stati “comprensivi”. Dopo un acconto di 1.000 euro, mi hanno concesso di versare 200 euro al mese. Per il prossimo anno e mezzo sono segnata. Mi spiace, concordo che ogni Paese ha diritto e titolarità delle proprie usanze, ma mi pare che per come si svolgono le cose lì siamo ai limiti della truffa sulla salute delle persone».

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