Elisa traduce le immagini dei film in parole per i ciechi

La Perego, che insegna Lingua e Traduzione inglese all’università di Trieste sta istruendo una “squadra” di audiodescrittori grazie a un finanziamento Ue 
E’un mestiere nuovo, diffuso in Inghilterra e molto meno in Italia, su cui scommettere se si crede in un mondo futuro più inclusivo ed accessibile. Ma come tutte le nuove professioni ha bisogno di essere normato e aiutato a crescere. L’audiodescrittore è colui che si occupa di “tradurre” le immagini in parole, a beneficio dei ciechi, perché possano vivere l’esperienza di un film, di una mostra, di uno spettacolo teatrale o di danza, di una telecronaca calcistica attraverso la sua descrizione. Grazie a un progetto di una ricercatrice dell’Università di Trieste chi si approccerà a questo delicato mestiere tra qualche anno potrà avvalersi per la sua formazione di materiali didattici flessibili e ad accesso libero, modulari e personalizzabili. Con il progetto triennale “Adlabpro” (finanziato dall'Ue nell’ambito del programma Erasmus+, Partenariati Strategici), Elisa Perego prosegue il lavoro avviato qualche anno prima insieme al prof. Christopher Taylor con “Adlab”, progetto europeo dedicato all'audio descrizione filmica per i ciechi e gli ipovedenti. Anche questa volta l'Università di Trieste ha il ruolo di capofila e coordinerà 449.995 euro e 8 partner provenienti da 7 paesi europei e appartenenti sia al mondo accademico (Università di Trieste, Universitat Autònoma de Barcelona, Universiteit Antwerpen, Uniwersytet im. Adama Mickiewicza w Poznaniu) sia a quello professionale.


«In questa rete sono riuniti vari soggetti interessati a formare audiodescrittori, un mestiere che richiede come base di partenza un’ottima competenza nella propria lingua madre e alcune competenze trasversali, come saper organizzare il lavoro e rispettare i tempi», spiega la ricercatrice. Il corso punterà sullo sviluppo dell’abilità di osservazione: si tratta di selezionare quello che è rilevante per un non vedente, acquisire una competenza solida rispetto alle esigenze del pubblico d’arrivo. «Non è affatto semplice, perché il problema della cecità è composito: ci sono le persone cieche dalla nascita e quelle che lo sono diventate dopo, gli ipovedenti. Noi cerchiamo un mezzo per soddisfarli tutti», evidenzia Perego, che sottolinea come il progetto si avvalga anche del lavoro di una giovane project manager dell’ateneo giuliano, Laura Simonin. In questo progetto internazionale la ricercatrice, pavese d’origine, sarà chiamata a tenere le fila del network. «A Trieste ci sono capitata nel 2006, dopo aver vinto un concorso da ricercatrice nell’allora Scuola interpreti», racconta la studiosa, che a Pavia si è prima laureata in Lingue straniere e poi dottorata in Linguistica con una tesi sulla sottotitolazione filmica. Dopo alcuni anni di ricerca sui diversi aspetti della traduzione audiovisiva, nella lingua del Paese d’arrivo ma anche per i sordi, e studi sul doppiaggio, la ricercatrice è sbarcata al Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione: «Questo è il mio ambiente naturale: mi occupo della traduzione sia dal punto di vista della ricerca che da quello della didattica», dice Perego, che insegna Lingua e Traduzione Inglese. «In questi anni la mia ricerca, iniziata come puramente linguistica, è diventata anche di tipo cognitivo, legata alla risposta che gli utenti danno a una traduzione. Su questo tema ho collaborato con un collega del Dipartimento di Science della Vita, lo psicologo Fabio Del Missier, con cui abbiamo avviato degli esperimenti per capire quanto efficaci sono i sottotitoli. I risultati? Abbiamo verificato che i sottotitoli sono efficaci e non distraggono chi li guarda - spiega la ricercatrice -. Funzionano bene sia con i giovani che con gli anziani e sono un mezzo prezioso per memorizzare le parole, con una ricaduta importante nella didattica delle lingue. L’unico problema è rappresentato da un prodotto audiovisivo complesso dal punto di vista linguistico e narrativo. Nella serie Sherlock si parla velocemente e la gestualità filmica non convenzionale ha un alto livello di complessità: in questi casi il doppiaggio si rivela ancora l’arma migliore».


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