Elezioni in Serbia, Vučić stravince: i conservatori oltre il 60 per cento
BELGRADO Che vincesse lo sapevano anche i tarli delle vecchie scrivanie del Parlamento ancora intrise del sapore del regime di Slobodan Milošević. Aleksandar Vučić però, anche lui presidente della Serbia come il suo ingombrante e defunto predecessore, stavolta ha fatto tombola e con la “sua” lista “Aleksandar Vučić-per i nostri figli” sotto cui si nascondeva camuffato il Partito progressista serbo (Sns), conservatore per i parametri occidentali nonostante il nome, ha ottenuto alle elezioni politiche di ieri - secondo i primi dati parziali diffusi dall’agenzia Tanjug - il 63,3% dei voti. Lontanissimo il Partito socialista serbo (Sps) del ministro degli Esteri Ivica Dačić con il 10,6%. In Parlamento dovrebbe entrare ancora solo il movimento Spas (Vittoria per la Serbia) con il 4,1% essendo la soglia di sbarramento al 3%.
Vučić, dunque, esce con la corona sul capo dopo il risultato scaturito dalla scrutinio di queste elezioni politiche al tempo del coronavirus. I suoi fedeli non lo hanno tradito, sono andati diligentemente ai seggi dopo quaranta giorni di coprifuoco molto pesanti e non interrotti neppure per il triduo pasquale come aveva chiesto la potentissima Chiesa serbo-ortodossa e con un’epidemia che mostra pericolosi sintomi di risveglio (91 contagi nelle ultime 24 ore). Vučić più forte del Covid-19 anche grazie a un’opposizione che non è riuscita a mantenere quella parvenza di unitarietà che aveva mostrato schierandosi con i migliaia di dimostranti di Belgrado che per mesi, ante pandemia, ogni week-end sera hanno sfilato lungo le strade della capitale per protestare contro il regime di Vučić. Dall’esito del voto alcuni dei manifestanti hanno finito però per votare Sns. Potenza del potere (cacofonico ma vero). Ed è fallito anche l’appello di parte delle opposizioni di disertare le urne. Ieri l’affluenza è stata del 44,9%, leggermente minore di quel 47,6% registrato alle precedenti politiche del 2016.
Emblematiche le prime parole pronunciate ai suoi, dal palco della Sns a Belgrado, proprio da Vučić. «Mai ho vissuto un simile momento - ha detto - abbiamo ottenuto un enorme consenso dal popolo, il più grande mai ottenuto in Serbia». «La Sns - ha poi affermato tra gli applausi e le grida degli accoliti - ha avuto più di due milioni di suffragi a fronte di un po’ meno di 3,3 milioni di aventi diritto al voto, questo è un momento storico».
Assolutamente impalpabile la reazione del leader di opposizione di Alleanza per la Serbia, Dragan Đilaš per il quale la Sns e Aleksandar Vučić ieri hanno subito una pesante sconfitta. «Oggi (ieri ndr.) la Serbia ha detto inequivocabilmente no al regime di Vučić - ha affermato - e il boicottaggio (alle urne ndr.) ha adempiuto il proprio compito e ha messo a nudo il regime», concludendo che nel 5% dei seggi gli elettori «sono stati minacciati» se non votavano per Vučić. In effetti qualcosa di strano c’è stato. Ad esempio, in una casa vicina a un seggio di Požarevac, nella scuola Vuk Karadžić, si è riunito prima di recarsi a votare un gran numero di persone, le stesse che si sono poi ritrovate nella stessa casa dopo il voto. La polizia avrebbe indagato non trovando, guarda caso, nessuna violazione di legge, nonostante la fastidiosa puzza di voto di scambio. Alla fine dei conti però la Sns nel nuovo Parlamento non avrà alcuna opposizione. Vučić is king. —
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