Electrolux migliora, ma l’incognita è il 2017

Vendite in aumento anche per il settore lavatrici e costi in calo grazie all’accordo Italia. Porcia legata al nuovo piano

ELENA DEL GIUDICE. Con la società per azioni Electrolux Italia è al 5° posto nell’elenco delle prime 500 società con sede in Friuli Venezia Giulia. Ma se si sommano le quattro realtà del gruppo, ovvero l’industriale (da 886 milioni di fatturato nel 2013), la commerciale (Electrolux Appliances, da 365 milioni), il Professional (278 milioni di fatturato) e la logistica (Electrolux logistic, 65 milioni nel 2013), la “galassia” dell’elettrodomestico supererebbe il miliardo e mezzo posizionandosi così in terza posizione, dietro a Fincantieri ed Hera. Una realtà da circa 3 mila posti di lavoro in regione, concentrati negli stabilimenti di Vallenoncello (headquarter del Professional) e di Porcia, compresi centri di ricerca, sviluppo di nuovi prodotti, logistica, che salgono a oltre 6 mila in Italia (con gli stabilimenti di Susegana, Forlì e Solaro).

Un piccolo impero, ridimensionato certamente dai tempi della Zanussi, ma pur sempre il primo produttore di elettrodomestici in Italia. E questo in parte spiega la mobilitazione che ha favorito il raggiungimento di un accordo che consente - almeno fino al 2017, e poi si vedrà - il mantenimento di unità produttive e di occupazione in questo Paese.

Nel report della Fondazione Nordest si prendono in esame i bilanci relativi agli anni 2012 e 2013 e relative variazioni, che evidenziano una contrazione, peraltro modesta, nel fatturato. Sono i bilanci del pre-accordo, quelli che avevano spinto la multinazionale a mettere in discussione la consistenza della propria presenza industriale in Italia, e a definire azioni utili a significativi recuperi di efficienza, produttività e redditività. Un percorso che ha condotto al famoso accordo che, anche grazie al placet del Governo sulla decontribuzione dei contratti di solidarietà, ha consentito di garantire l’operatività di tutti e 4 gli stabilimenti del “domestico” (la divisione professionale non è stata interessata dall’operazione), compreso quello potenzialmente più a “rischio”, ovvero la fabbrica di Porcia, per la quale la multinazionale non aveva, in origine, previsto alcun piano industriale.

I “conti” del 2014 dovrebbero aver risentito positivamente delle azioni correttive, e meglio ancora dovrebbe andare il 2015 quando molti dei nuovi prodotti su cui Electrolux punta per garantire futuro alle fabbriche italiane, si saranno fatti ulteriormente apprezzare dal mercato. Per quel che concerne Porcia, da qui è uscita la lavasciuga a pompa di calore, un prodotto al top di gamma, e di prezzo, che è stato accolto molto bene dai consumatori. E’ uno dei prodotti di punta per la fabbrica pordenonese rivolto al mercato occidentale. Sempre da qui, ma dirette negli Usa, le lavatrici che, rispondendo alle esigenze del pubblico americano, garantiscono velocità di lavaggio ma anche economicità nei consumi. Altra linea quella delle lavatrici da incasso per il Nord Europa, che hanno riscosso un discreto appeal, ed infine il segmento semiprofessionale per le piccole comunità.

Del resto la strada della competitività per le produzioni made in Italy non può prescindere dall’innovazione che incrementa il valore dei prodotti. Su altri parametri, dal costo del lavoro al sistema-Paese, lo scontro risulterebbe perdente. Eppure anche questi indicatori dovranno entrare in gioco quando, nel 2017, alla scadenza dell’accordo, Electrolux rifarà i conti per verificare la convenienza del continuare a produrre in Italia, e “che cosa”, eventualmente, mantenere qui. E’ una sfida ancora tutta da affrontare dalla quale il sistema-Paese non potrà chiamarsi fuori. Nell’attesa si è guadagnato tempo, e quindi un’occasione. Che non deve andare sprecata.

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