Effe Erre, titolare sparito: si dimettono i dipendenti

Un’altra casa di spedizioni caduta sul campo causa crisi e ampliamento dell’Ue. Per i 10 impiegati rimasti un sussidio di disoccupazione e le vie legali
Il terminal intermodale di Fernetti dove aveva sede la Effe Erre (foto d’archivio)
Il terminal intermodale di Fernetti dove aveva sede la Effe Erre (foto d’archivio)

Hanno gettato la spugna anche i dipendenti della Effe Erre, una delle non poche case di spedizioni triestine che negli ultimi anni si sono trovate con l’acqua alla gola per la crisi economica internazionale da un lato e l’ampliarsi dell’Unione europea e il conseguente ridursi delle pratiche doganali dall’altro.

In questo caso l’antefatto che ha portato alla sostanziale “chiusura” dell’azienda che aveva i propri uffici al Terminal intermodale di Fernetti, è ancora più amaro e grottesco al tempo stesso dal momento che il titolare, Roberto Liprandi, è letteralmente sparito dalla prima settimana di dicembre e non c’è stato verso nemmeno di contattarlo a distanza con alcun tipo di comunicazione.

Tre o quattro impiegati, in virtù soprattutto della propria esperienza professionale e delle conoscenza di lingue straniere (ma forse anche dei contatti mantenuti con alcuni clienti della Effe Erre), sono riusciti a riciclarsi in ditte concorrenti, ma una decina di loro (l’organico era di quindici persone) non hanno avuto altrettanta fortuna e, come informa Renato Kneipp segretario provinciale di Filt-Cgil, dopo essersi recati alla Direzione provinciale del lavoro per dare le dimissioni per giusta causa, si sono rivolti al legale del sindacato con lo scopo di recuperare le proprie spettanze.

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Uno scorcio dell'Autoporto di Fernetti

L’ultimo stipendio ricevuto è stato quello di novembre, poi niente a dicembre, nemmeno la tredicesima e niente a gennaio. Le dimissioni per giusta causa permettono almeno di percepire un sussidio di disoccupazione, ma logicamente in casi come questi è impossibile accedere agli ammortizzatori sociali: né cassa integrazione, né mobilità. Le vie legali sono l’unico mezzo ora per poter recuperare anche la quota spettante di Tfr, ma se il titolare non darà qualche risposta per la Effe Erre non potrà che aprirsi la strada del fallimento.

Le voci circolate nelle settimane scorse, impossibili da verificare concretamente, parlavano di un “buco” di 4 milioni di euro soltanto per quanto riguarda l’Iva dei clienti non versata allo Stato. Ciò sarebbe stato possibile in base al meccanismo del cosiddetto “differito doganale”, una delle agevolazioni di cui godono i Punti franchi del porto di Trieste. In base ad essa il versamento dei diritti di Dogana può avvenire fino a sei mesi dopo il passaggio della merce.

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File di Tir in attesa di entrare in porto

Un’arma che può rivelarsi a doppio taglio tanto da aver già messo in difficoltà alcuni spedizionieri triestini nel recente passato. In questo caso, ma è un’ipotesi da verificare, il titolare della Effe Erre sarebbe sparito dopo aver incassato i soldi ma prima di versarli a propria volta allo Stato. Da dicembre dunque l’azienda è sostanzialmente ferma perché già da allora i conti correnti e tutte le operazioni sono state bloccate dalla Guardia di Finanza.

Non bastasse questo, Kneipp riferisce la notizia di un’altra piccola azienda che opera nell’ambito dell’import-export e che ha messo in cassa integrazione, ottenuta in deroga, i propri quattro dipendenti. Si tratta di una ditta messa alle corde dal conflitto tra Russia e Ucraina e dall’embargo decretato dall’Unione europea nei confronti di Mosca. Lo stillicidio di crisi e chiusure in questo comparto economico non sembra avere fine. Sono recenti i casi della Tergestea dichiarata fallita il 29 dicembre e della sua associata Tpn che aveva fatto la medesima fine poco prima, oltre che della Cossutta che ha chiuso la propria attività l’estate scorsa.

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