Ecco perché chiamarla autostrada Gemina

Entro novembre avrà luogo l’inaugurazione del nuovo raccordo autostradale Villesse-Gorizia con la rotonda di Sant’Andrea che si allaccia all’autostrada diretta in Slovenia, fino a Lubiana e oltre. La rivista Isonzo Soca ha proposto di chiamare Autostrada Gemina quel tratto autostradale che ricalca l’antica strada consolare romana tra Aquileia e Emona (Lubiana) e quindi la Pannonia e il Norico, attraverso l’importante ponte sull’Isonzo fra Mainizza e Savogna, le cui rovine sono ancora visibili a una distanza di cento metri a monte dall’attuale ponte autostradale.
Questa proposta nasce da ricerche e riflessioni che andiamo facendo da molti anni anche in relazione al futuro Museo diffuso del Novecento. A tutt’oggi non abbiamo la certezza assoluta che questa strada romana, strategicamente importantissima, si chiamasse Gemina. Nel Museo archeologico di Aquileia è conservata una lapide dedicata all’imperatore Massimino il Trace per ricordare il suo impegno nel “rifacimento della “Via Gemina” da Aquileia al ponte”. Ma quel ponte non è indicato con un nome. Si tratta quasi certamente del ponte sull’Isonzo della Mainizza, come sostengono molti studiosi, tra i quali Giovanni Brusin, il più noto archeologo di Aquileia. Nella famosa Tabula Peutingueriana, la più antica carta stradale romana giunta a noi, è tracciata la via da Aquileia a Emona in cui si incontra l’indicazione del “Ponte Sonti” (il ponte sull’Isonzo della Mainizza) ma non il nome “Gemina”. Riteniamo comunque che il nome Gemina vada dato a questa nuova autostrada per individuare e ricordare, oggi, questo antichissimo “passaggio a nord est”, la cui memoria si snoda dal mitico viaggio di Giasone e degli Argonauti alla storia travagliata del Novecento europeo. Come si vede, anche nella leggenda la geografia è importante. Ma essa è determinante per la comprensione della storia. Dice lo storico medievale Paolo Diacono: ”L’Italia è così chiusa a occidente e a settentrione dai gioghi delle Alpi che non si può trovare un passaggio se non per strette gole e attraverso le alte cime dei monti. Dalla parte orientale che la unisce alla Pannonia ha invece un valico assai largo e agevole, di facilissimo transito”. Paolo Diacono si riferisce ai valichi di Piro (Ad Pirum) a nord del massiccio del Nanos (spartiacque fra bacino dell’Isonzo e quello del Danubio) e di Razdrto (gli antichi monti dell’Ocra) a sud, l’uno con un percorso più breve ma più elevato (m. 867) l’altro più agevole (m. 577) ma più lungo di circa 30 chilometri (vi transita l’attuale autostrada). Forse questo doppio percorso potrebbe essere all’origine del nome della “Via Gemina” (strada gemella). Questa strada o passaggio, in tempi ancora più antichi, era conosciuto come tratto finale della “via dell’Ambra” che dal mar Baltico arrivava alle sponde dell’Adriatico. Dopo la fondazione di Aquileia vi transitano sempre più spesso le legioni di Roma, di Giulio Cesare, gli imperatori Ottaviano Augusto, Traiano, Massimino il Trace, solo per citare i più noti. Poi arriva il tempo delle “invasioni barbariche” che mettono fine all’impero di Roma, gli Unni di Attila, i Goti di Teodorico, i Longobardi di Alboino, gli Avari e gli Ungari che rendono il Friuli una terra devastata ripopolata poi dai patriarchi di Aquileia con coloni slavi. È in questo periodo (anno 1001) che nasce Gorizia, prima fra le nuove cittadelle fortificate che gradualmente prendono il posto di Aquileia. Anche i Crociati lasciano qui le loro tracce con la spedizione di Raimondo da Tolosa e, al ritorno dalla Terrasanta, Riccardo Cuor di Leone. Viene poi il tempo delle numerose scorrerie dei Turchi, delle lotte fra la Serenissima e gli Asburgo, di Napoleone e di Francesco Giuseppe. Il resto è “grande storia” d’Europa.
Nel 1900 Gorizia è capoluogo di una Contea dell’Impero Austroungarico. In quello stesso anno l’Imperatore Francesco Giuseppe visita la città e celebra i 400 anni di appartenenza di Gorizia all’impero asburgico (in precedenza era governata da conti di stirpe austriaca).
Nel 1914 Gorizia austriaca è già in guerra e migliaia di goriziani sono arruolati e mandati al fronte contro la Serbia e la Russia (i morti sono più di mille ma non esistono cifre definitive). Nel 1915 entra in guerra l’Italia contro l’Austria e un certo numero di goriziani italiani irredentisti si arruolano come volontari nell’esercito italiano (187 fra Gorizia città e l’Isontino, con 22 caduti). Fin dai primi giorni di guerra Gorizia diventa il primo obiettivo dell’esercito italiano. Nei dintorni della città si svolgono le 12 battaglie dell’Isonzo. Il Sabotino, il Monte Santo, il San Gabriele e le altre alture della conca di Gorizia diventano luoghi simbolo della guerra.
Nel 1918, dopo la guerra dei 600 mila morti, Gorizia con Trieste e l’Istria viene annessa al Regno d’Italia. Il nuovo confine viene portato oltre Postumia comprendendo nel territorio annesso circa 450 mila sloveni e Croati. Nel dopoguerra si riedifica una città semidistrutta. L’italianizzazione forzata di cognomi, nomi e toponimi e l’oppressione della comunità slovena hanno per simbolo il Trgovski dom, il palazzo progettato da Max Fabiani devastato dalle squadracce fasciste nel 1926 e trasformato successivamente nella Casa del fascio.
Nel 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania nazista mentre a Gorizia si concentrano le forze armate che nel 1941 aggrediscono e occupano parte della Jugoslavia (la provincia di Lubiana viene annessa all’Italia). Vengono allestiti (1942) i primi campi di concentramento italiani (Gonars, Visco, Arbe-Rab, Sdraussina, Castagnavizza e molti altri) dove vengono deportate le popolazioni civili slovene e croate sospettate di aiutare i partigiani già operanti in territorio italiano. Dopo l’armistizio, il 12 settembre 1943 ha inizio la Battaglia di Gorizia in cui partigiani italiani e formazioni del Regio esercito si uniscono ai partigiani sloveni per contrastare l’ occupazione tedesca (una delle prime battaglie della resistenza italiana). Dal 1943 al 1945 la città è inserita nell’Adriatisches Kuenstenland e annessa al Terzo Reich. Nel novembre del 1943 viene deportata ad Auschwitz l’intera comunità ebraica goriziana. Nel 1944 i nazisti insieme ai “domobranci” sloveni loro alleati distruggono con una carica esplosiva il monumento ai volontari goriziani caduti nella prima guerra mondiale del Parco della rimembranza. Il monumento giace ancora oggi simbolicamente in rovina.
La guerra fredda e il contatto con il socialismo reale. Il primo maggio del 1945 Gorizia viene occupata dall’esercito partigiano jugoslavo. Nei 40 giorni di occupazione si verificano violenze e vendette, è il periodo delle foibe, che cessano il 12 giugno quando prende il comando della città Il Governo Militare Alleato (USA). Dal 1945 al 1947 mentre a Parigi si svolgono gli incontri fra gli alleati per definire il trattato di Pace e i nuovi confini dell’Europa, in città si svolgono manifestazioni contrastanti di cittadini che parteggiano per Gorizia italiana e cittadini schierati per Gorizia jugoslava. Il 15 settembre 1947 viene definito il nuovo confine che assegna il centro di Gorizia all’Italia e l’immediata periferia orientale della città alla Jugoslavia comunista. Dai territori ceduti alla Jugoslavia (Istria, Fiume, Dalmazia) cominciano ad affluire verso l’Italia migliaia di esuli (circa 300 mila), molti anche a Gorizia. Dal Monfalconese e dagli altri territori rimasti in Italia emigrano in Jugoslavia 2 o 3 mila comunisti italiani per “costruire il socialismo”. Dopo il 1947 al di là del confine si inizia la costruzione di una nuova Gorizia (Nova Gorica) per creare un nuovo centro commerciale e amministrativo per le valli dell’Isonzo e del Vipacco, una nuova città che doveva “risplendere oltre il confine”, come si disse da parte jugoslava. Nel clima internazionale
Nessuna città in Italia o in Slovenia, forse in Europa, può offrire
*direttore Isonzo Soca
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