Ecco dove finisce la carne dei cinghiali che vengono abbattuti

I cacciatori portano le carcasse in un centro di raccolta, una parte va ai coltivatori. «Noi non la commercializziamo»
Di Stefano Bizzi

«Se la signora smettesse davvero di dare da mangiare ai cinghiali, allora noi cacciatori potremmo effettuare i prelievi, in questo modo diminuirebbero le incursioni al parco di Piuma e i danni ai vigneti». Mario Leopoli, vicepresidente del Distretto venatorio numero 7 “Collio”, commenta così le parole della donna che a bordo della sua Cinquecento rossa, ogni giorno, in via Generale Papa, porta il cibo agli animali selvatici. I cacciatori possono sparare da due ore prima dell’alba a due ore dopo il tramonto, ma possono farlo soltanto nelle riserve.

I cinghiali, però, rimangono per gran parte della giornata ai margini della zona di caccia. Restano in attesa del pane e del formaggio che a sera la signora Franca scarica puntualmente dal finestrino della sua macchina. «Noi li aspettiamo nel bosco, ma loro stanno nel parco. Sono animali intelligenti e non si può escludere che prendano confidenza con l’uomo. Il problema è quindi anche di ordine pubblico», osserva Leopoli che poi aggiunge: «Dopo la scorpacciata, i cinghiali vanno in giro tra le case o scendono giù verso il ponte del Torrione, ma lì noi non possiamo fare nulla». Chi può sparare fuori dalle aree di caccia è la polizia provinciale che nel corso dell’inverno è intervenuta a Piedimonte riducendo parzialmente la popolazione di ungulati.

Sulla scorta delle segnalazioni ricevute, proprio mercoledì il personale della Provincia di Gorizia ha effettuato un sopralluogo al Parco di Piuma, ma la situazione sarebbe apparsa «compatibile con una normale presenza di cinghiali». A differenza di quanto accade per la polizia provinciale - che deve smaltire i capi abbattuti destinandoli all’inceneritore o al carnaio sul Carso -, i cacciatori del distretto venatorio “Collio” portano le prede in un centro di raccolta dove le carcasse vengono registrate e sottoposte a controlli sanitari prima d’essere macellate a fini alimentari. Da un cinghiale di 50 kg, in media, si ricavano tra i 18 e i 20 kg di carne. «Non la commercializziamo – precisa Leopoli –: una parte la diamo ai coltivatori e un’altra la diamo al consiglio di quartiere che, nella sua sede, ospita i frigoriferi». Più di qualcuno sospetta che i cinghiali vengano nutriti di nascosto anche a Piedimonte. Nella zona del cimitero si possono vedere diversi sentieri di erba calpestata. «Se sanno che qui trovano cibo, allora vengono – racconta una delle residenti di via Monte Calvario -. Forse vengono anche per bere dall’Isonzo».

Proprio alle spalle del cimitero, sottolinea la signora Patrizia, l’altro giorno una macchina ha centrato un cinghiale che attraversava la strada. «Di solito passano all’imbrunire, ma li vediamo anche più tardi. Trovarsi di fronte quattro o cinque cinghiali quando si fa una passeggiata non è simpatico, così evitiamo di farne», nota la donna ricordando che una volta un cucciolo era passato sotto la recinzione del suo giardino: «Scorrazzava nell’orto, senza riuscire più ad uscire. Dall’altra parte della rete la madre lo osservava nervosa e soffiava. Non sapevamo che fare, poi, per fortuna, ha ritrovato la strada, ma la situazione era pericolosa». L’uomo ferito a Trieste nel tentativo di cacciare un esemplare entrato nel suo giardino ne è la testimonianza più tangibile.

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