«Ebola, il pericolo pandemia esiste. Il virus va fermato in Africa»

Il biologo molecolare triestino Mauro Giacca (Icgeb): «Ai governi si impone un grande sforzo collettivo Il vaccino è in ritardo preoccupante, ma ha i requisiti giusti per funzionare. Importante privilegiare i comportamenti razionali»

TRIESTE. «Il pericolo pandemia esiste. Per farvi fronte i governi devono intervenire in forze per contenere l’espansione di ebola in Africa». La situazione è seria, parola di Mauro Giacca, biologo molecolare e direttore del Centri internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb).

Professore, Ebola potrebbe davvero diventare una pandemia?

Il pericolo esiste ed è forse stato sottovalutato a livello internazionale, nonostante gli appelli dell’Oms. Esiste ed è grande, perché parliamo di un virus con un tasso di mortalità e infettività altissimo.

Come mai il problema si presenta ora?

Per la prima volta nella storia ebola si trova a contagiare in grandi metropoli. Il virus esiste da millenni, endemico in alcune specie animali come i pipistrelli. Saltuariamente arrivava in alcuni villaggi dove sterminava l’80% della popolazione: era talmente virulento che la probabilità di propagazione era bassa e l’infezione si estingueva. Ora è arrivato in metropoli di milioni di abitanti.

Come lo si argina?

Sarebbe un errore pensare che basti bloccare i voli e lasciare che il virus faccia il suo corso. Con questo tasso di diffusione rischiamo milioni di contagi nei prossimi mesi. L’unica soluzione è lavorare in situazioni di controllo sanitario nei paesi dove avviene l’epidemia. Con ciò intendo la cura degli infettati ma soprattutto la prevenzione e la quarantena per chi entra in contatto col virus. Servirà uno sforzo internazionale poderoso nei paesi in cui l’epidemia è esplosa.

Quanto fatto finora pare non bastare.

Si richiede un impegno collettivo. Sarebbe un errore pensare soltanto al proprio giardino. I casi avvenuti in Texas, Spagna e Germania dimostrano che nessun paese può considerarsi estraneo. Se l’epidemia si estende in Africa le probabilità che il virus arrivi in Europa sarà sempre più alta. Ed è in Africa che l’epidemia va bloccata.

Quali sono le speranze?

Ci sono due vaccini in fase di produzione. Quello in fase più avanzata ha un disegno italiano. La casa farmaceutica Gsk ha comprato l’anno scorso una tecnologia nata: si utilizza un Adenovirus modificato, una famiglia di virus responsabile di molte malattie respiratorie invernali. Per realizzare il vaccino hanno preso l’Adenovirus dello scimpanzé (per evitare che ci fossero anticorpi) e l’hanno ingegnerizzato togliendo i geni virulenti e sostiuendoli con geni di ebola. Le persone così vaccinate sono infettate da vettore virale che esprime proteine come ebola stimolando il sistema immunitario a elaborare una risposta.

Gsk ha però annunciato che il vaccino arriverà nel 2016.

Si tratta di un annuncio preoccupante perché epidemie hanno aumenti esponenziali. Rischiamo un’escalation logaritmica. Certo è che produrre vaccini di questo tipo non è semplice. Penso che Gsk voglia avere un test di efficacia prima di produrre in grandi quantità, e anche questi test non sono facili da ottenere in tempi brevi. Credo però che davanti a un’emergenza sanitaria di questo tipo, con un investimento adeguato, probabilmente si ridurranno i tempi.

E se il vaccino non dovesse funzionare?

Sarebbe veramente un problema. Detto ciò, sarebbe una sorpresa se non funzionasse: ha tutte le caratteristiche per essere efficace. Bisogna considerare che all’inizio la malattia aveva una mortalità molto alta, dell’80%. Ora che va diffondendosi è fra il 50 e il 60%. Anche al massimo di mortalità uno su cinque sopravviveva, il che significa che il sistema immunitario da solo può sconfiggere il virus: il vaccino serve a spronarlo.

Come comportarsi?

L’importante è mantenere un approccio razionale e scientifico. È inutile aver paura di andare in metropolitana o in aereo: il virus si trasmette soltanto con i liquidi biologici, quindi è un problema soprattutto per chi assiste le persone malate. Le persone devono evitare la fobia collettiva. E i governi devono intervenire con tutte le loro forze per fermare l’epidemia nel continente africano.

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